La partita numero 1503 in casa dell’intera storia romanista può essere quella decisiva per il consolidamento del quinto posto: questo il facile calcolo della vigilia, dati e calendario alla mano, col confronto dell’ultima tranche di calendario che attende sia i giallorossi che il Milan: il comune denominatore è la rilassatezza degli avversari, a prescindere dal blasone dei loro nomi. 

La nuova maglia della Roma è oggettivamente bella, nel suo policromatico fulgore e, per i romanisti nati negli anni settanta, non può non ricordare anni che coincidevano con l’inizio di un’ascesa gloriosa. 

Buona parte del primo tempo serve soltanto a ratificare lo zero a zero che più che scritto appare inciso sul tabellone; non è tanto una questione di ritmi, quanto di intasamento degli spazi e di compattezza delle linee, a cominciare dalla mediana allestita da Iachini. Grosso modo dal trentacinquesimo in poi, comincia una serie di segni di vita nelle due aree, non soltanto in quella viola. La Roma però, in virtù della maggiore cifra tecnica e dell’esistenza di precise motivazioni di classifica, porta di più il pallone dalle parti di Terracciano, fino al fallo da rigore di Lirola su Bruno Peres, che porta al vantaggio che Jordan Veretout deposita serenamente all’angolino, dal dischetto. Il primo tempo dice che la Roma ha concluso di più, ma anche che i viola hanno concluso in maniera pericolosa, una con Kouame che ha colpito un compagno, poi con il palo scheggiato da Duncan. 

Il secondo tempo la Fiorentina cerca di onorarlo come il primo, innanzitutto cercando efficacia in attacco attraverso i cambi: Vlahovic e Cutrone in luogo di Ribery e Kouame. 

Fa quasi tutto Milenkovic, all’inizio della ripresa: il gol di testa (distratto Diawara, rivedibile Pau Lopez) con uno stacco impressionante; l’impatto fortuito con le clavicola sul viso di Pellegrini, sostituito da Zaniolo. 

Però i minuti passano e, onore al merito, la Fiorentina non evidenzia per nulla quel piglio “vacanziero” che molte squadre senza obiettivi mettono in mostra nella parte finale di tante partite.

Alla Roma per portarla a casa serve l’episodio: Mkhitaryan lo aveva quasi trovato, con una finta delle sue e un tracciante rasoterra che ha baciato il palo interno. Ancora più interno quello colpito poi da Kolarov, con un’azione sugli sviluppi della quale Terracciano abbatte Dzeko: rigore. Cambia angolo Veretout, non cambia l’esito. Due a uno: molto, molto pesante per un finale di campionato da gestire ora con un cuscinetto di quattro punti che dovrebbe garantire relativa serenità. 

I giallorossi, dominanti nel possesso palla, hanno portato a casa una gara non facile, contro un’avversaria che ha disputato fino alla fine una partita vera, grazie a due rigori francamente differenti, per così dire. il secondo, visto e rivisto, alla fin fine, non appare evidente come il primo. 

Paolo Marcacci