Se un vecchio modo di dire afferma che “una noce in un sacco non fa rumore” (cioè le proteste di pochi non impensieriscono nessuno), è anche vero che questa frutta secca è capace di riunire molti intorno alla tavola, facendosi ad esempio simbolo della fine dei pasti delle feste in compagnia, ma non solo! Le noci, con il loro aspetto grande e coriaceo, sono in qualche modo anche più affascinanti di altre tipologie di frutta secca, probabilmente proprio alla caratteristica di dover “faticare” per ricavare la polpa dal suo guscio legnoso, per apprezzarne sia il particolare aspetto che il sapore.

La storia della noce si perde nella classica “notte dei tempi”, visto che specie affini alla pianta del noce sono state ritrovate sia in stratificazioni geologiche del Miocene (porzione dell’era terziaria, 23-5 milioni di anni fa), sia in terreni dell’era Quaternaria (quella in cui viviamo, iniziata appena 2,5 milioni di anni fa) epoca in cui l’uomo faceva la sua comparsa sulla terra. Gli studiosi concordano che sia la Cina o il massiccio dell’Himalaya la zona d’origine, da cui poi la pianta sarebbe passata in Persia e poi in Grecia, in Italia e in altri paesi dell’Impero Romano.

Il noce è una pianta ricordata anche nella Bibbia (Cantico dei Cantici), mentre Virgilio e Ovidio ne parlavano già ai tempi dei re di Roma: presso questo popolo le noci erano usate nei cortei nuziali dagli sposi, che ne lanciavano sugli invitati più giovani per significare che per gli sposi l’epoca dei giochi era finita (evidentemente alcuni giochi dei ragazzi prevedevano l’uso delle noci); con molta probabilità proprio da questo uso derivano i confetti lanciati sugli sposi dopo la celebrazione della messa di matrimonio. Noci della pregiata varietà di Sorrento sono state ritrovate carbonizzate negli scavi di Pompei ed Ercolano. Si giunge al 1593 per trovare citato il noce con la sua varietà “mollese” nel trattato di frutticoltura del napoletano G. Battista Della Porta.

Da sempre però superstizioni e leggende sul Noce si sono tramandate nei secoli e nelle diverse popolazioni, ispirando la fantasia popolare e quella degli scrittori. Una di esse racconta che terribili streghe si riunivano a convegno (la notte di San Giovanni) sotto il famoso noce di Benevento, rendendo l’ombra di questa pianta (e del noce in genere) nefasta sia per gli uomini (causando mal di testa e la febbre) che per gli animali, fermatisi per rinfrescarsi o per dormire.

La classificazione botanica del noce lo inquadra come famiglia Juglandacee, genere Juglans (nome che sembra derivi dal latino Jovis glans, cioè ghianda di Giove), specie Juglans regia (noce comune), anche se a tale genere appartengono altre specie come J. Nigra (noce nero o di San Cristoforo), J. Cinerea (noce americano o grigio), J. Sieboldiana (noce giapponese) e molte altre: la più diffusa e conosciuta è però il noce comune.

La pianta del noce è stata introdotta in Europa tra il VII e il V secolo a.C., e nelle Americhe nel XVII secolo dai coloni inglesi. Boschi di noci spontanei allo stato selvatico si trovano in Uzbekistan e Kirghizistan. Il noce cresce bene nella zona dei castagni, ovvero ad un’altitudine tra i 700 e i 1000 metri, anche se lo troviamo talvolta in collina e pianura, ma con esiti non eccezionali). L’albero è vigoroso, solido, alto, dritto, con un portamento davvero maestoso. Le foglie di un bel verde vivo, cadono in autunno, sono grandi e composte in quanto su un solo asse sono disposte da 5 fino a 10 foglioline. Il noce è una pianta monoica, per cui sullo stesso albero i fiori maschili e quelli femminili sono distinti.

Il frutto del noce è una drupa di forma globosa nota a tutti, rivestita dal mallo esternovellutato, fibroso e verde scuro (diventa marrone a maturazione), sotto il quale si trova il l’endocarpo legnoso (la noce che noi stringiamo tra le mani), che contiene il seme o gheriglio che mangiamo. La produzione mondiale di noci pari a circa 7.000.000 di quintali è assicurata per il 50% dalla California e per il 20% dalla Cina. I Paesi maggiori produttori di noci sono Francia, Grecia, Bulgaria, Serbia e Romania in Europa; la California in America; Il Cile nell’America latina; la Nuova Zelanda e l’Australia in Oceania; la Cina in Asia. In Italia la produzione maggiore e di migliore qualità e quella della Campania che assicura l’80% della produzione nazionale. Le cultivar più diffuse sono la Sorrento (in Italia), la Franquette e la Lara (in Francia), la Serr (in California).

Le noci si raccolgono da settembre a novembre a seconda delle zone e delle cultivar, a mano, con pertiche battenti (con cautela) o con macchine scuotitrici o con pedane sollevate idraulicamente per raggiungere le diverse parti della chioma maestosa. La raccolta si effettua quando il mallo si presenta screpolato ma non aperto, altrimenti il guscio delle noci annerisce. Alla raccolta segue la lavorazione dei frutti da commercializzare, cominciando con la smallaturaper evitare che il guscio legnoso annerisca; poi il lavaggio in grandi tini o in macchine lavatrici, le quali sono spesso anche smallatrici. Si prosegue con l’essiccazione all’aria, a temperatura non elevata, evitando l’esposizione ai raggi diretti de sole e proteggendo le noci dalla rugiada notturna, e sempre in modo da assicurare una buona ventilazione. Prima e durante l’essiccazione si procede alla selezione delle noci, eliminando quelle rotte o vuote o macchiate. L’essiccazione dura 8-10 giorni, alla fine dei quali le noci hanno perso circa il 30-35% del peso.

E’ utile sapere inoltre dell’esistenza di un’operazione industriale – commerciale chiamata imbianchimento dei frutti: i frutti vengono trattati con sostanze chimiche allo scopo di migliorarne la presentazione rendendo il guscio molto chiaro. Vengono utilizzate anidride solforosa gassosa, soluzioni di acido cloridico o di cloruro di calcio e carbonato di sodio).

Le noci dopo il lavaggio accurato vengono asciugate in macchine asciugatrici che non influiscono sulla parte interna della noce. Segue una selezione per eliminare i gusci rimasti aperti durante i trattamenti e alla fine si opera la calibratura in apposite macchine. Alcune ditte timbrano addirittura le noci. Dell’albero del noce si può comunque utilizzare ogni parte, dalla radice alle foglie. Il noce viene usato anche per il suo legname, ma si tratta di cv da legno e non da frutto. Quando molto abbondanti i gusci legnosi dei frutti secchi possono essere usati sia come combustibile, sia come concime fosfo – potassico per le piante.

Dal punto di vista nutrizionale la noce è una vera miniera per la nostra salute: 100g di gherigli apportano 650 kcal, provenienti da 15g di proteine, 5g di carboidrati complessi e 70g di grassi. Il contenuto di molti grassi è uno dei limiti nel consumo delle noci come frutta secca: i grassi delle noci sono però molto positivi in quanto del omega 3 e omega 6, tali quindi (in quantità limitate) da abbassare il colesterolo nel sangue e prevenire le malattie cardiovascolari. Nelle noci inoltre troviamo arginina, fosforo, rame, zinco, potassio, ferro, magnesio e calcio, oltre a vitamine B1, B2, B6 ed E.

In cucina le noci sono molto versatili e ben si prestano sia per preparazioni dolci che salate. Celebre ad esempio è il pesto di noci per condire i primi piatti, o l’abbinamento di pere, formaggio e noci, o ancora il matrimonio nelle ricette con la zucca. Ottimo anche il pane impastato con gherigli di noce spezzettati grossolanamente, e nei dolci delizioso l’abbinamento delle noci con il miele, il caramello, il toffee, per rifinire torte da credenza e dolci al cucchiaio.

Fonte: Prodigus.it


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