La Corte di Cassazione ha depositato le motivazioni con cui è stato confermato il no all’arresto della comandante Carola Rackete, in relazione al caso della Sea Watch.

Da quanto si legge nelle parole della Suprema Corte “l’obbligo di prestare soccorso non si esaurisce nell’atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare, ma comporta l’obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro.

La comandante tedesca ha agito in conformità con il diritto internazionale ma le polemiche non si fermano.

Giusto il comportamento della Rackete? Condivisibile la decisione della Cassazione?

Ascolta l’intervista all’avvocato della Sea Watch Alessandro Gamberini intervenuto a ‘Lavori in Corso’.

“La sentenza mi pare importante perché ripristina le ragioni del diritto nazionale e internazionale in materia di soccorso in mare.

Per porto sicuro si intende un luogo in cui i diritti non vengano minati e le persone non siano sottoposte a maltrattamenti.

Quei naufraghi erano in mare in una situazione drammatica e quella situazione andava risolta.

Non si può fare un braccio di ferro con gli altri stati europei sulla pelle delle persone.

Non c’è stato alcun speronamento, la nave stava attraccando con un manovra lentissima. L’immagine dello speronamento è un’immagine demagogica.

I profughi continuavano ad arrivare anche durante l’epoca dei cosidetti ‘porti chiusi’ di Salvini“.


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