I parlamentari 5 Stelle si trovano a dover affrontare uno dei periodi più difficili della propria storia politica. Il disastro alle elezioni in Umbria e i sondaggi elettorali implicano la necessità di porsi delle domande sulla bontà della strada intrapresa.

La decisione di allearsi con il PD ha senza dubbio stravolto quella che era la ragion d’essere del Movimento stesso. Sono lontani i tempi del partito anti-sistema che prometteva di non scendere a compromessi con gli avversari politici, colpevoli di aver rovinato il Paese.

Di fronte a questo stravolgimento della propria identità perché i parlamentari pentastellati non si ribellano alle decisioni dei vertici del Movimento? Che ruolo gioca il contratto stipulato tra gli eletti e la Casaleggio?

Ne abbiamo parlato con l’avvocato Marco Mori, membro di Vox Italia.

“Il contratto della Casaleggio con i parlamentari 5 Stelle non ha nessun valore, è in contrasto con il divieto di mandato imperativo della Costituzione. Il problema è che il Movimento può potenzialmente iniziare una causa che comporta spese e oneri che comunque possono limitare la libertà d’azione del parlamentare.

Ma il vero motivo per cui restano è che sono tutti parlamentari nominati, quindi non hanno nessun peso politico. La maggior parte non ha alcun seguito. Un tempo un parlamentare aveva un seguito importante, per arrivare lì doveva essere radicato sul territorio. Ora basta essere fedeli alla segreteria di partito. Il vero motivo per cui non si ribellano è che o vanno verso un altro partito che gli promette una nomina o sono fuori dalla politica”.

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