Tra le mie amicizie quella che rammento sempre con grande affetto è quella che mi lega al mio panettiere.

Quasi settant’anni di onorata professione, fornaio da quando ne aveva dieci.

Per lui, da una vita, la sveglia risuona alle due del mattino.

La mise è sempre la stessa: zoccoli bianchi, mutandoni bianchi e canottiera bianca con le bretelle, anche in pieno inverno.

Per me che purtroppo, dormo pochissimo Giacomino ed il suo forno hanno sempre rappresentato un porto sicuro ad ore improbabili.

Giacomino non molla, anche se il suo incedere con il trascorrere degli anni diventa sempre più lento, la memoria ogni tanto vacilla e l’udito impone all’interlocutore un tono sempre più robusto.

Ma il suo cuore resta grande e l’abnegazione al lavoro sempre la stessa.

Ha visto nascere intere generazioni e le ha sfamate.

Quando giunge settembre arrivano giovani a frotte a popolare la scuola dinanzi al forno.

“Finché ci sarò io – dice Giacomino – i giovani ‘monnezza’ non ne mangiano”.

Eh si! Giacomino ha lavorato una vita e non è neanche riuscito a comprarsi il forno, ma ha sempre scelto direttamente lui i prodotti e sempre di prima qualità.

Ci tiene a dire che i soldi servono a far star bene le persone e non a far ricche le banche o a costruire regge dorate.

Gli vogliono bene tutti a Giacomino, che di andare in pensione neanche a parlarne.

Aveva pensato di tornare in Umbria ma poi ha cambiato idea. “Resto qui, finché c’è la farò, Poi un giorno magari mi troverete ai piedi del forno con le ‘gambe stirate'”.

Ha fatto pizza a tonnellate, con i fichi, con la mortadella, con i porcini e persino con la porchetta.

Quanta ne ha venduta e quanta ne ha regalata a chi non poteva.

Giacomino mi ricorda mio padre, che ho conosciuto davvero poco (quando morì non aveva neanche compiuto i 19 anni sei mesi e un giorno di lavoro che allora erano il presupposto per l’erogazione della pensione di reversibilità), mi racconta di lui e mi commuove.

Come tutte le persone anziane, Giacomino, ricorda lucidamente i fatti lontani.

Erano gli anni settanta, racconta Giacomino, ed i palazzi crescevano come funghi, la gente veniva da tutte le regioni d’Italia, Roma rappresentava un’opportunità soprattutto per i figli.

La gente era più semplice, meno acculturata, meno litigiosa, più umana, si aiutava l’un l’altra, pur avendo poco o nulla, c’era tanta dignità e tanto rispetto.

Poi arrivò la droga, che nessuno conosceva, anche quella pesante, quanti ragazzi che Giacomino aveva visto crescere si persero per sempre.

Bravi ragazzi, educati, perbene, sembrano irriconoscibili.

Quanti ne ha aiutati! Ma quanti, troppi, ha visto spegnersi!

Giacomino rispettava Berlinguer, votava Andreotti, ma adorava Almirante.

“Quanto parlava bene quel fascista!” Dice Giacomino. E poi, nei confronti degli spacciatori era durissimo.

Prima dell’estate, saranno state le cinque del mattino, in una delle mie frequenti sortite al forno, entrai, mentre Giacomino sfornava la prima pizza bianca.

Spaccata la pizza fumante, riempita di mortadella norcina da urlo, un bicchiere di lambrusco e la conversazione prese le mosse con il racconto di quanto gli fosse accaduto qualche giorno prima.

“Sono andato all’ufficio pubblico per quella documentazione amministrativa del negozio” mi disse.

Erano anni che non indossava la cravatta, ma al cospetto delle istituzioni Giacomino si è sempre presentato con il vestito migliore, è questione di rispetto.

Persona d’altri tempi Giacomino.

Debitamente istruito da qualche cliente del forno una volta giunto nell’edificio pubblico prese il numeretto ed attese con pazienza il suo turno.

Il funzionario addetto alle relazioni con il pubblico gli comunicò che si sarebbe dovuto recare alla stanza 322 del palazzo di fronte.

Giacomino chiese educatamente il piano. Ed il funzionario stizzito ripeté: “Ho detto stanza 322 è chiaro che si tratti del terzo piano”.

Giacomino a quel punto dopo i ringraziamenti di rito, una sorta di prostrazione, tipica delle persone umili che provano vergogna per la loro poca istruzione ed inadeguatezza al luogo (quasi fosse una colpa), uscì dall’edificio e si trovò dinanzi tre palazzi, tutti della pubblica amministrazione.

Iniziata quindi, l’esplorazione, alla fine riusciva, non con poca fatica, a rinvenire la fatidica stanza 322.

Dopo circa mezz’ora veniva fatto accedere per sentirsi dire con voce irritata che la sua pratica non era in carico a quell’ufficio.

Quindi, quasi buttato fuori dalla stanza, senza capire, il povero Giacomino si recava nuovamente alle informazioni.

Nuovo numeretto, il consueto periodo di attesa ed il solito funzionario che questa volta sbraitando lo indirizzava alla stanza 323.

Giunto a destinazione Giacomino, soltanto dopo una lunghissima attesa vinceva la timidezza, ed avvicinandosi alla porta semichiusa si accorgeva che la stanza era vuota.

A quel punto chiese lumi ad una signora, la quale molto dispiaciuta lo informava che purtroppo il funzionario si era preso un permesso e sarebbe ritornato il lunedì successivo.

“Ed allora che hai fatto?” Chiesi a Giacomino.

“Che ho fatto?” Ripeté.

“Ho chiamato un amico che mi ha detto di non perdere altro tempo in quel luogo, anche perché da lì non ne sarei uscito vivo, preannunciadomi che la questione andava risolta in maniera diversa”.

“E quindi, hai risolto?”

“Si sì. Certo! Ho affidato tutto a quella persona e ai suoi amici che mi ha fatto avere ciò che mi serviva in un attimo”.

Ed aggiungeva: “Ma come mi è venuto in mente di andare in giro per uffici? Io che sono un semplice fornaio, pure attempato.

…Basta fare un regalino e si occupano loro di tutto, e poi, quando ci sono le elezioni, se gli dai il voto, possono ampliare il loro raggio di azione e ‘spicciare’ ancora più pratiche.

Sul punto mi hanno istruito proprio bene!

Adesso che so come funziona mi sono tolto un bel peso, che non mi faceva più dormire la notte.

Da solo non ce l’avrei mai fatta.

Ma visto che ci sono questi benefattori che si preoccupano di tutto, il regalo gliel’ho fatto anche volentieri ed altrettanto volentieri li voterò…”

Giacomino per cortesia non raccontarmi altri particolari – gli dissi – perché qualcuno potrebbe anche vederci un’ipotesi di corruzione”.

“Corruzione! Io faccio il fornaio Prof, io sono ignorante, e se non avessi trovato queste persone perbene mi sarebbe preso un ‘coccolone’ (infarto) soltanto al pensiero di dover tornare in quel labirinto.

No. No. Troppo, troppo difficile per me, che se ne occupino loro, meglio pagare la ‘commissione’. Soldi benedetti!”

Inutile proseguire oltre.

Dopotutto cosa avrebbe dovuto fare il povero fornaio (a chiacchiere tutti bravi, ma poi…) meglio parlare d’altro con Giacomino. Del ‘capraro’ che vede poco ultimamente perché, come dice lui, sta “sotto ernia del disco”, o della preoccupazione per il regalo da fare alla figlia di Nunzio che si sposa: “Sti ragazzi ormai cianno tutto… che je fai pe regalo… è n’ problema…” (Questi ragazzi ormai hanno tutto, cosa gli fai per regalo? È un problema).

Nel frattempo arrivava er sor (il signor) Francesco detto ‘uccellaccio’… E quindi, nuovo giro di pizza e lambrusco.

Erano appena le sei del mattino e già barcollavo.

Barcollo ma non mollo recita il detto. Dopotutto la giornata era lunga ed era soltanto appena iniziata.

***

Vi siete mai chiesti perché nonostante siano state spese risorse ingentissime per reprimere la corruzione, creati movimenti ed autorità ad hoc, il fenomeno, non cresce e non crepa, è sempre lì, stazionario?

È come se tutta questa attenzione non produca nulla.

I dati infatti, sono impietosi confermano sempre il medesimo trend dell’anno precedente.

Il nuovo in politica, nasce sempre con grandi ambizioni e propositi, ma poi, si rivela sempre peggiore del vecchio, perché ne acquisisce i difetti senza averne i pregi.

Prima o poi, tutti malati di ‘poltronite acuta’, tutti che vogliono peggiorare e nessuno vuol guarire.

E per questo pronti a qualsiasi contraddizione, bugia, balordaggine ed indegno equilibrismo.

La corruzione è come un cancro che tutti cercano di curare, ma nessuno riesce a debellare.

Tutti i governi parlano di corruzione e mai di burocrazia; promuovono regalie con i soldi dei contribuenti ed invocano investimenti, senza poi, finanziarli mai.

Alla termine di infinite promesse e di paventate svolte epocali, il cittadino si deve accontentare, a fronte di gestioni sciagurate, che non aumenti l’IVA e che gli altri tributi aumentino soltanto di poco, nella ridicola circostanza che pur inasprendo le tasse faremo ancora una volta una manovra a debito.

Ma di sprechi e burocrazia non parla nessuno.

Che fenomeni?

Se vi è una fonte tossica che produce il male, non è sufficiente curare il male, ma occorrerà rimuovere la fonte inquinante per estirpare definitivamente il male.

Se ci fossero poche norme, chiare ed una amministrazione efficiente, facile da consultare e pronta a rilasciare il richiesto e dovuto senza inutili e pretestuosi attriti, al servizio del cittadino e non d’ostacolo al cittadino con norme assurde e procedimenti impossibili:

  • non sarebbe necessario avere santi in paradiso, con i partiti che quindi, conterebbero sempre meno;
  • non sarebbe necessario dissipare risorse e tempo per attività inutili, spesso meri formalismi oppure procedure artatamente complesse;
  • non sarebbe necessario pagare qualcuno per avere servigi normalmente dovuti;
  • si eviterebbe di inserire in maniera clientelare raccomandati della ‘banda’, nei punti nevralgici dell’amministrazione pubblica, pronti a rispondere a leader politici senza scrupoli, capibastone, alle lobbies… per far approvare rapidamente tra le nebbie le pratiche che più li interessano. Le pratiche dei poveri disgraziati invece, che non hanno il ‘privilegio’ di rivolgersi a tali indegne consorterie, resteranno impigliate nelle maglie di un ginepraio di prescrizioni, procedure e liturgie assolutamente inestricabili.
  • si opererebbe nell’interesse della nazione. Viceversa, in ragione di una burocrazia irragionevolmente complessa, gli unici atti concreti dei governi sono la spartizione delle nomine, necessarie a mettere i propri uomini nella condizione di dipanare velocemente la matassa per le pratiche degli amici e dei finanziatori.

La burocrazia, folle, melliflua, incerta, spinosa, e talvolta impenetrabile ed impraticabile senza vergognose ‘assistenze’, è la causa generativa della quasi totalità della corruzione.

Il cittadino troppo spesso o si deve corrompere e quindi piegarsi a chi presidia i posti di potere oppure deve rinunciare a richiedere ciò che legittimamente gli sarebbe dovuto.

Per fortuna non è sempre così, ma la corsa sfrenata all’occupazione dei posti di potere facendosi addirittura beffe della propria dignità e coerenza, mi fa pensar male.

Ai centri di potere basta far vedere di occuparsi della corruzione, un mero e semplice effetto, e non della burocrazia, la vera causa, che tutto resta al suo posto, salvaguardando affari, interessi privati, e speculazioni. Tomasi di Lampedusa docet (insegna).

Un giorno forse arresteranno Giacomino!

Diranno che si è piegato alla corruzione!!

Condanneranno il povero Giacomino, senza che Lui ne comprenda la ragione, con quel suo sorriso ingenuo ed innocente, di uomo buono, dopo settanta anni di duro lavoro al servizio della gente, con amore, passione e dedizione.

Ma nessuno si curerà mai del LABIRINTO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.

Una burocrazia volutamente ed artatamente inestricabile è l’arnia degli impostori, la dispensa dei centri di potere, la cassaforte dei disonesti, mentre la corruzione (specchietto per le allodole) troppo spesso rappresenta null’altro che la strada obbligata a cui deve soggiacere l’operosità del cittadino, nonché lo strumento speculativo per cinici opportunisti che la agitano, la corruzione, oltremodo per guadagnarsi i favori del popolo, lo stesso popolo che sono pronti a tradire una volta saliti sullo scranno. Uno scranno che per merito non avrebbero mai conseguito.

Il primo merito sarebbe quello di demolire la burocrazia inutile (nove decimi della stessa) e quindi, di conseguenza liberare il popolo dalla necessità di dover ricorrere alla corruzione/raccomandazione anche per una semplice risonanza magnetica.

Anche perché quel labirinto di inutile burocrazia, è uno strumento di schiavitù per il cittadino, ma intoccabile per la gestione del potere, a cui vogliono giungere i nuovi e che vogliono mantenere i vecchi.

Ma il popolo sta aprendo gli occhi, ormai non si fida più di nessuno, e quel ‘labirinto’ se nessuno lo rimuove diverrà presto la nuova BASTIGLIA (simbolo cardine della rivoluzione francese).

Enrico Michetti


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