Ancora una discussione, ancora sul litigio, ancora un tema in cui M5S e Lega non convergono.
Stavolta ad accendere la miccia la dichiarazione di Matteo Salvini, intenzionato a rivedere (non abolire, come molti giornali scrivono) il reato d’abuso d’ufficio, consentendo a sua detta di allentare la presa su imprenditori, artigiani, sindaci placcati dalla burocrazia e dalla paura di fare.
Durissima la replica di Di Maio: “Più lavoro e meno str…ate“, queste le condizioni del capo del partito grillino per continuare a collaborare nell’alleanza giallo-verde.
Un litigio certamente frutto anche di una diversa concezione sul reato penale, sul quale abbiamo chiesto di più all’avvocato penalista Mariano Buratti.

Innanzitutto va specificato che ha usato il termine ‘rivedere‘” ha detto Buratti in merito alle parole di Salvini, “questo è totalmente diverso rispetto a un discorso sull’abolizione.”
Abolizione che pure andrebbe trattata in modo ragguardevole, visto che si tratta di un articolo visto e rivisto: “Senza scendere troppo nel particolare, il dolo per cui si possa concretizzare un reato simile è molto specifico, va fatto un discorso molto più ampio. Ricordiamo che il dolo sarebbe l’intensità con cui la gente dice di fare una cosa sapendo che agisce contro la legge.” Sulla necessità di allentare la presa burocratica Buratti è stato chiaro, ma ha esaminato anche un ulteriore aspetto del fatto che persino la presunta innocenza non salvi dalle accuse: “Purtroppo non è che noi siamo in un paese in cui il giudice decide il giorno dopo, anche restando prosciolto magari ti rinfacciano delle cose, trovi su internet cose gravissime. Io ho ottenuto dei sequestri e ordini di cancellazione, ma ancora si continua. Ora c’è l’oblio del diritto all’oblio“.