Intervistato da Mariagloria Fontana ad Affari di Libri, il celebre scrittore ha parlato del suo nuovo libro e del legame che ha con la propria città.

Si tinge di giallo oggi la puntata di “Affari Di Libri“, rubrica letteraria condotta da Mariagloria Fontana, grazie all’intervista a Maurizio De Giovanni, celebre scrittore napoletano, tradotto all’estero da più di trenta paesi.

Sono molto fortunato: noi scontiamo un po’, rispetto agli autori di lingua spagnola, o a quelli di lingua inglese, la necessità di una traduzione per sbarcare nei mercatini esteri. Io sono molto fortunato perché napoletano, cioè racconto una città che è un po’ universale e ha delle caratteristiche abbastanza note e care a moltissimi lettori di ogni parte del mondo” ha esordito lo scrittore.

In merito, invece, al suo ultimo romanzo “Vuoto per i Bastardi di Pizzofalcone” e all’adattamento televisivo su Rai 1 della saga letteraria della quale quest’ultimo libro fa parte, lo scrittore e autore della sceneggiatura della fortunata serie tv targata Rai 1 ha rivelato che trovarsi a maneggiare la scrittura di una propria opera per la tv è “divertente. E’ un’altra maniera di scrivere, un altro linguaggio naturalmente, più affine alla scrittura teatrale, che ti offre opportunità che non hai nel romanzo, come le espressività degli attori, le capacità del regista di proporre un certo tipo di situazioni. E’ un’interessante variazione, divertente ma complessa per certi versi.

Parlando poi della sua città, Napoli, De Giovanni ha evidenziato che è “una città ricca di conflitti e di contrasti insanabili fra centinaia di persone che vivono in povertà e persone che, invece, vivono negli agi. E’ una città che una cultura millenaria, ma anche problematiche sociali e civili di enorme impatto, l’unica metropoli che ha i quartieri periferici in centro, che generano storie, da noi scrittori raccontate.

Non credo di potermi allontanare da Napoli neanche di un metro, non riuscirei più a scrivere” ha detto con spontaneità il grande scrittore, un legame forte e indissolubile alla propria città, che lo porta a sentire l’esigenza di “viverla, di respirarla, perché io da questa città prendo storie“.