Torna ad Affari di Libri con Mariagloria Fontana e Francesco Vergovich Massimo Franco, autore del libro C’era una volta Andreotti.

E’ Giulio Andreotti, figura politica che ha maggiormente segnato la storia contemporanea del nostro Paese, ad essere il protagonista indiscusso del libro scritto da Massimo Franco, ospite questa mattina alla rubrica letteraria “Affari di Libri” con Mariagloria Fontana e Francesco Vergovich.

Alla domanda della Fontana sul saggio, intitolato “C’era una volta Andreotti. Ritratto di un uomo, di un’epoca e di un Paese“, e sul lavoro fatto dallo scrittore per destrutturare il mito dell’ex Presidente del Consiglio all’interno del libro, l’autorevole firma de “Il Corriere della Sera” ha risposto che “non è facile. C’è un impasto di demonizzazione e d’immagine angelica in Andreotti, che è, invece, semplicemente lo specchio della complessità italiana del secolo scorso. Andreotti è stato molte cose insieme, e penso che il problema fosse quello di analizzarlo, perché credo che in questa fase l’opinione pubblica si stia chiedendo come mai siamo arrivati a questo punto. Secondo me, una delle chiavi per capire cos’è successo in Italia e cosa, in parte, siamo oggi sia questa figura, che un po’ è stata l’emblema dello status quo, il grande garante della Prima Repubblica. E’ un uomo che ha permesso di fare andare avanti l’Italia senza avventure, naturalmente pagando anche un prezzo in termini di trasparenza.

Sull’immagine di Andreotti, invece, data da Paolo Sorrentino nel suo film “Il Divo”, Massimo Franco ha espresso il proprio punto di vista, affermando che “Devo essere sincero: vidi Sorrentino anche prima che facesse il film, perché mi chiese se volevo autorizzare o meglio, dire di mettere un ringraziamento, perché avevano preso diverse frasi e battute dal mio libro. Devo dire che mi sembra che trasmetta un’immagine un po’ superficiale e caricaturale di Andreotti: lui certamente è stato tutto questo, anche se mi pare che nel film sia declinato solo in modo negativo. Andreotti è stato l’uomo che ha avuto il compito di tenere a bada e di rappresentare i ceti moderati. Anche nella DC, lui rappresentava la continuità e l’ostilità a qualunque riforma, tant’è vero che quando Aldo Moro decise di fare una maggioranza con il partito comunista nel 1976 disse che, a Palazzo Chigi, doveva andare Andreotti, perché altrimenti la DC si sarebbe spaccata. In realtà erano il Paese e i ceti moderati a spaccarsi, spaventati da quell’apertura a sinistra e che non volevano avventure. Andreotti ha dovuto salvaguardare quel mondo moderato e, pur di farlo, ha impiegato il suo potere nel modo più spregiudicato.”

Ricordo che, quando una volta incontrai Andreotti dopo aver fatto il libro, gli dissi che un suo amico cardinale mi aveva detto che era pericoloso, e lui mi rispose che non aveva mai torto un capello a nessuno. Io, provocatoriamente, gli dissi ‘magari, Presidente, qualche suo amico…’ e lui mi rispose ‘ma non conosco solo pregiudicati’: ecco, questo era Andreotti, un personaggio che tendeva molto a ironizzare, che era cordiale ma in modo distante. Dopo la caduta del muro di Berlino, Andreotti sapeva che sarebbe stato più difficile, persino per un fuoriclasse della politica estera come lui, avere la stessa capacità di leggere la realtà internazionale con punti di riferimento interni e internazionali mutati.” ha raccontato poi l’autore di “C’era una volta Andreotti”.

E ancora, guardando alla politica passata e a quella attuale dei governanti gialloverdi: “Credo che non ci sia nostalgia di Andreotti, ma penso che ci sia, invece, molta preoccupazione per la mediocrità dell’attuale classe politica e questo porta, con maggiore freddezza, ad analizzare una classe politica del passato, liquidata in modo molto brutale. Per quanto riguarda l’incidente di questi giorni, è la conferma di quanto ci sia una torsione provincialistica da parte della politica estera italiana, e credo che questo sia un elemento molto preoccupante per il futuro. Il nostro interesse è protetto, per paradosso, di più da un’alleanza con Francia e Germania, che non da questo sovranismo che ci dovrebbe unire ai paesi dell’Est europeo.”

Parlando, in chiusura, delle figure della classe politica di Andreotti, Massimo Franco ha detto che era “una classe politica che passava attraverso una selezione quasi darwiniana, e Francesco Cossiga è stato quello che ha visto, prima di altri, che stava finendo un’epoca. E’ stata una vera classe dirigente, che conosceva a fondo i problemi e sapeva come rapportarsi con il mondo esterno.