Nell’esatto momento in cui Biden definiva Putin un “assassino” in molti hanno temuto il peggio. È stata la prima volta che un presidente degli Stati Uniti utilizzava un aggettivo simile nei confronti di un Capo di Stato russo, ex Unione Sovietica. Mai il suo predecessore Donald Trump aveva utilizzato parole del genere nei confronti di un avversario politico, mentre chi pensava che l’elezione di “sleepy Joe” avrebbe calmato le acque geopolitiche si è dovuto ricredere.

La risposta di Putin non si è di certo fatta attendere. Secondo il Presidente russo la classe dirigente statunitense lancia gravi accuse contro altri Paesi per distrarre l’opinione pubblica dai propri problemi di politica interna e estera. A riportare la replica integrale di Vladimir Putin a Joe Biden è stato in diretta Fabio Duranti, che ha letto la versione in italiano del testo originale a “Un giorno speciale”.

“Come sapete nei giorni scorsi il presidente degli Stati Uniti Biden ha insultato Putin, gli ha dato dell’assassino. Io credo che sia la prima volta in tempo di pace e tutti si sono preoccupati per quello che sarebbe successo. Però poi il mondo si è tranquillizzato perché Putin ha dimostrato di avere molto più equilibrio. Questa lettera tranquillizza il mondo e ovviamente fa fare una figura di un certo genere al signore che lo ha insultato:

‘Per quanto riguarda le parole del mio collega americano, noi davvero, come lui ha detto, ci conosciamo di persona. Cosa gli potrei rispondere? Che stia in salute! Gli auguro salute! Lo dico senza ironia. Nella storia di ogni popolo, di ogni Stato, ci sono molti avvenimenti drammatici, pesanti, sanguinosi. Quando noi valutiamo le altre persone, o persino gli altri Stati o popoli, è come se ci guardassimo allo specchio e lì vediamo noi stessi, perché trasferiamo agli altri ciò di cui noi respiriamo, ciò che noi siamo in sostanza.

Mi viene in mente quando noi da bambini, giocando in cortile, ci raccontavamo una storiella di scherno, dicevamo che se uno affibbia all’altro un brutto nome, quel nome lì definisce proprio chi lo ha detto”. Questa non è una semplice burla ma nasconde un senso profondo, un significato psicologico. Noi nell’altra persona vediamo sempre proiettate le nostre proprie qualità e pensiamo che lui è come noi. Quando valutiamo gli altri, o persino gli altri Stati o popoli, è come se ci guardassimo allo specchio: vediamo noi stessi.

Nel popolo americano ci sono molte persone perbene, oneste che vogliono vivere con noi in pace e in amicizia, questo lo sappiamo, lo apprezziamo e su di loro faremo affidamento in futuro. Invece, al contrario, la coscienza della classe dirigente americana si è sviluppata in un divenire di condizioni non semplici e ben note: l’assimilazione da parte degli europei del continente americano è avvenuta per mezzo dello sterminio della popolazione locale, col genocidio vero e proprio delle tribù indiane native. A questo è seguito un lunghissimo periodo di schiavitù, molto crudele e spietata. E questo continua nella storia americana, fino ai nostri giorni accompagnando la vita degli Stati Uniti d’America. Altrimenti da dove sarebbe saltato fuori il movimento “Black Lives Matter”? Tuttora gli afroamericani si scontrano con le ingiustizie e lo sterminio. Proprio facendo perno su tali fattori cruciali, la classe dirigente americana decide i suoi problemi interni ed esterni. Voglio ricordare che gli Stati Uniti sono l’unico Stato al mondo che ha impiegato la bomba atomica contro un altro Stato – privo di questa arma atomica – contro il Giappone, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, contro Hiroshima e Nagasaki. In questo non vi era assolutamente nessun senso militare, si è trattato solo di puro sterminio diretto della popolazione civile.

Noi sappiamo che gli Stati Uniti sono interessati ad avere con noi determinati rapporti e solo sulle questioni che a loro convengono e alle loro condizioni. Noi siamo diversi, noi abbiamo un altro codice genetico e un altro codice morale, tuttavia noi sappiamo difendere i nostri interessi e collaboreremo con gli Stati Uniti, ma solo in quei campi e alle condizioni che a noi convengono. Dovranno fare i conti con questo, nonostante tutti i loro tentativi di fermare il nostro sviluppo, nonostante tutte le loro sanzioni e insulti'”.