Marco Tardelli, uno dei simboli del calcio italiano, è intervenuto a ‘Radio Radio Lo Sport’ per parlare della situazione del calcio italiano di fronte all’emergenza coronavirus. Tantissimi i temi di cui si è parlato, dal prosieguo del campionato agli allenamenti a casa, dal taglio degli stipendi dei calciatori alle divisioni in Lega.

Ecco l’intervista completa a Marco Tardelli in compagnia di Stefano Raucci, Francesco Di Giovambattista, Franco Melli, Alessandro Vocalelli, Furio Focolari, Tony Damascelli e Paolo Cericola.

Come immagini il dopo-coronavirus per il calcio e lo sport?

“Credo che i calciatori abbiano sempre fatto la loro parte nei momenti di difficoltà. Io parlerei più delle società che devono ridimensionarsi, darsi una calmata, e cercare un accordo senza polemiche. Ci saranno grandissimi problemi, ma siamo usciti da una guerra… credo ci potrebbe essere un ridimensionamento di tutto, anche della voglia di essere più umani”.

Come fare con il campionato quando finirà l’emergenza coronavirus?

“Io il campionato vorrei finirlo sul campo, lo sport è sul campo. Non credo che vada fermato. Però in una emergenza difficile è sempre difficile quale sia la soluzione migliore. Spero che tra qualche mese si possa tornare a giocare, ma ho forti dubbi. Questa è una cosa che va gestita non solo in Italia, ma a livello europeo”.

Una opinione sulla nazionale di Mancini?

“Io credo che si debba essere molto positivi. E’ una buona nazionale, sulla strada per diventare un grande nazionale. Con Mancini che ha lavorato bene e i giovani che stanno crescendo bene possiamo puntare a fare bene”.

I calciatori stanno seguendo una tabella di lavoro a casa, quale è la differenza rispetto al lavoro in campo?

“Io non ho mai provato una cosa del genere. Certamente sono molto professionali e hanno possibilità di fare quello che gli chiedono i preparatori atletici. In realtà quello che fai a casa ti fa stare in forma, ma il campo è tutta un’altra cosa: i tempi di gioco, le corse con l’avversario, la fantasia… in campo devi decidere in pochi secondi cosa fare, è tutto diverso. Le motivazioni quando torneranno in campo gli daranno anche la forza di fare qualcosa di più, ma sicuramente arriveranno sul campo in maniera diversa, non con la stessa forza di quando facevano gli allenamenti normali”.

Dicono che con 3 settimane si potrebbe tornare a giocare, ma sia nelle gambe sia nella testa si riuscirà veramente a resettare tutto?

“Io credo di sì, nella testa sicuramente. C’è una voglia maggiore e motivazioni che possono sopperire alla qualità fisica. I calciatori sono abituati a giocare anche in momenti di grande difficoltà fisica. La mia esperienza mi porta a momenti di dolori ma in cui sono comunque andato in campo. La testa è determinante”.

Nel calcio ci sono tanti presidenti che guardano il loro orticello piuttosto che cercare di trovare la soluzione migliore. Quale sarebbe la soluzione migliore per il sistema calcio? Avremo mai una Lega compatta e unita verso una direzione?

“Sono sempre stati così. La Lega calcio deve ritrovare unione e cercare di capire quale è il male minore. Solo loro possono capirlo, devono mettersi al tavolo e lasciar perdere il loro orticello”.

Chi deve decidere quando si potrà tornare in campo? I presidenti? I calciatori? I medici?

“Si devono mettere tutti a un tavolo, con i medici sportivi soprattutto. Non si può lasciare da parte una categoria. Devono avere tutti lo stesso pensiero, altrimenti non si può ricominciare”.

Ci sono state alcune prove di maturità di giocatori di squadre internazionali che si sono decurtati lo stipendio… perché in Italia c’è questa reticenza?

“Dove è la reticenza? Io credo che i calciatori siano i primi a volersi mettere a un tavolo e a discutere. Tra l’altro si sta discutendo di stipendi che potrebbero essere pagati al 16 maggio, perché si possono protrarre nel tempo, non penso che i calciatori abbiano difficoltà a mettersi a un tavolo. Non è però che devono firmare e basta, devono poter discutere. Devono mettersi ai tavoli come una volta. Adesso, nel momento del bisogno, i calciatori si devono adeguare… e si adeguano. I calciatori lo hanno sempre fatto, soprattutto quando ci sono state difficoltà, hanno sempre dato qualcosa di importante. Bisogna vedere anche questa decurtazione dello stipendio come la fai, non puoi fare di 25-30% ai giocatori di tutte le categorie, è una roba folle. La decurtazione non può essere uguale per Ronaldo e per un calciatore di Serie C. Poi si parla solo di calciatori, ma non si parla mai di grandi manager che anche loro dovrebbero decurtarsi lo stipendio, io non l’ho mai visto fare. Ma io sono convinto che i calciatori siano disponibili a farlo”.


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