Che calcio farà dopo il diluvio? Due ipotesi:

  1. Tutto come prima e corsa alle spese folli per festeggiare la crisi;
  2. ridimensionamento.

Propendo per la seconda, pur temendo la realizzazione della prima: in fin dei conti al comando ci sono le persone di prima.
Non sappiamo quando potremo risollevare la testa. Ma sappiamo che un giorno, più o meno vicino, molti tifosi si saranno resi conto di poter vivere senza pallone e soprattutto di non avere un euro da spendere in contratti televisivi. 

Che faranno a quel punto le tivvù? Ovvio, daranno meno soldi al calcio. E quello professionistico, la Premier italiana, solo di quel tesoro vive. Il botteghino offre poco. Gli stessi sponsor saranno più poveri e meno interessati a uno sport in difficoltà.
Dunque, cassaforte vuota. Salteranno gli ingaggi milionari. Non solo quelli dei calciatori: di tutti, presidenti, dirigenti tecnici in prima fila.

Diranno: ma così gli assi non verranno più in Italia. Risposta: siamo forse sicuri che nel resto del mondo si tufferanno in un mare di dollari?
Potremmo fare come l’Atalanta, già arrivata tra le prime otto d’Europa, puntando sul settore giovanile, sul gioco, su calciatori benestanti ma non ricchissimi. Ecco il buon esempio dal quale ripartire. Ricordando inoltre che il calcio della A si regge sul dilettantismo, quello sì da aiutare.

Roberto Renga