Intervista a Di Pietro ▷ “Riforma della Giustizia? È necessario eliminare la malattia del correntismo”

Un intervento diretto e senza mezzi termini quello dell’ex Magistrato Antonio Di Pietro, che in diretta ha esposto il suo punto di vista sulla Riforma della giustizia e Referendum, concentrandosi in particolare sugli aspetti relativi al sistema giudiziario e alla separazione delle carriere. Un discorso che ha messo in luce le sue perplessità sul dibattito attuale e sulla distorsione che, a suo avviso, lo accompagna.

Ha esordito sottolineando un concetto fondamentale: “Non c’è nessuna riforma della giustizia, è la riforma della magistratura. Con questa affermazione, ha voluto mettere in evidenza che il provvedimento in discussione non riguarda tanto la giustizia in senso ampio ma un intervento strutturale sui magistrati, in particolare sul loro ruolo e sulla loro indipendenza. Una riforma che, a suo dire, non è ancora stata completata.

La Riforma del Processo Penale: un cambiamento a metà

Di Pietro ha ripercorso brevemente la storia del processo penale italiano: “Nel 1989 fu trasformato il processo penale da inquisitorio ad accusatorio. Era il giudice che faceva l’indagine e le valutava, con il sistema accusatorio è il pubblico ministero (l’accusa) che fa le indagini e poi c’è un giudice terzo che decide se le ha fatte bene o male, la riforma non è stata completata dividendo le carriere e dando un ruolo al Consiglio Superiore della Magistratura di giudicare se stesso.
Quello che andremo a votare non è la politica contro la magistratura ma il completamento di un quadro costituzionale che lascia del tutto intatta l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati. Certo, se uno si vuole inginocchiare al potere esecutivo non c’è bisogno di questa riforma: lo fa già da ora. Non è perciò una riforma che serve al potere politico ma serve nel dare più forza al pubblico ministero”
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Contrariamente a quanto spesso sostenuto dai suoi critici, con questa dichiarazione Di Pietro ha chiarito che la riforma non ha lo scopo di subordinare la magistratura al potere politico. Un concetto che ha voluto ribadire per smontare le accuse secondo cui la riforma potrebbe indebolire l’indipendenza della magistratura, accogliendo in realtà le pressioni del governo di turno.
La separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri non essendo mai stata attuata, ha infatti lasciato il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) a giudicare se stesso, con tutti i rischi di conflitto di interesse che ne derivano.

Non è una riforma per il potere politico

Sul discorso sorteggio: sarebbe una soluzione per ridurre l’influenza delle correnti politiche interne alla magistratura, una ‘malattia’ che, secondo Di Pietro, ha inquinato l’indipendenza del giudiziario. “Il sorteggio? Non lo vogliono i componenti all’Associazione Nazionale, la ‘mamma’ del CSM è questa e succede ciò che succede al Parlamento. Si è creato questo correntismo, affrontato anche da Palamara. Per eliminare questa malattia si è detto ‘sorteggiamoli’ così da eliminare le correnti. Anche il procuratore Nicola Gratteri, in passato, dichiarò di essere favorevole al sorteggio.

Ai cittadini dico: andate a votare. Indipendentemente dal sì o dal no. Temo che ci sarà ancora una volta una speculazione politica, e mi dispiace perché di per sé questo è un voto puramente tecnico“.

Il lascito di Giovanni Falcone

Giovanni Falcone stesso era pubblicamente favorevole alla separazione delle carriere, necessaria al rito accusatorio ma a oggi “Gli interessi di bottega inficiano la libertà di voto”. In ultima battuta Di Pietro ha ribadito che, dopo questa riforma, il pubblico ministero rimarrebbe “autonomo e indipendente come ora” ma finalmente in un sistema che rispetti pienamente la natura accusatoria del processo penale.
Una riforma necessaria, secondo l’ex magistrato, per completare un percorso che è ancora “a metà”.

Una posizione netta che invita al voto consapevole e alla riflessione, distaccandosi dalle speculazioni politiche e rimarcando l’importanza di una giustizia che sia veramente indipendente, come la Costituzione vuole.