Leggo non senza smarrimento e sbigottimento che nei giorni scorsi è stata imbrattata a Roma la statua di Papa Wojtyla I vandali che hanno compiuto il gesto ignobile hanno scritto con la bomboletta fascista sulla statua del Papa Polacco. Il gesto, di per sé inqualificabile e comunque indegno di attenzione, “praetor non curat de minimis”, è rivelativo di quella funesta tendenza che va sotto il nome di cancel culture, espressione la cui traduzione consigliata non è cultura della cancellazione, bensì cancellazione della cultura. Imperterriti archeologi della rimostranza, gli araldi della cancel culture aspirano a correggere se non ad abolire il passato, vogliono riscriverlo alla luce del presente e delle sue sensibilità.

Ecco perché abbattono le statue di Cristoforo Colombo, riscrivono i testi di Kant e, dulcis in fundo, imbrattano volgarmente e ignobilmente le statue dei personaggi storici tra cui Karol Wojtyla. L’obiettivo di fondo, come testè ricordato, consiste nella cancellazione del passato, il quale passato viene rimpiazzato dall’eterno presente e dalla sua visione generale. Come ricordava Michael Ende nel suo capolavoro La storia infinita, chi non ha più un passato non ha neppure un avvenire e questo sembra essere il destino lugubre dell’odierna società tecnonichilista, condannata a vivere in un eterno presente, sconnesso dal passato della tradizione e dal futuro del progetto. Simile dunque a una stasi frenetica, secondo la bella espressione di Hartmut Rosa, in cui tutto corre veloce rimanendo sempre fermo. Anziché apprendere la lezione del passato, gli araldi della cancel culture pretendono di dare una lezione al passato e ciò sul fondamento fondamentalista dell’imperialismo presentista. Per non parlare poi dell’etichetta di fascista, ormai disinvoltamente utilizzata per denigrare e ostricizzare tutto e tutti, in maniera savassandir del tutto destoricizzata e decontestualizzata.

A tal punto per cui oggi fascista non significa più, come era in origine, sostenitore del regime mussoliniano, ma sic et simpliciter di forme rispetto all’ordine mentale di completamento dell’ordine mondiale funzionale al dominio sans frontières del sinedrio liberal progressista. Questo è il paradosso del nostro presente in cui quanto più si cancella il passato tanto più si cancella il futuro come orizzonte progettuale e si resta inchiodati al presente compiutamente alienato, compiutamente peccaminoso.