C’è qualcuno che oggi si accorge che il modello di crescita dell’Europa sta svanendo e che l’inazione minaccia la sovranità europea. Quale crescita europea? Io non l’ho mai vista, ma si vede che loro pensano che ci sia stato un momento di crescita. Certo è che l’Europa si trova in una situazione difficile, stritolata tra due grandi sfere di influenza: gli Stati Uniti e la Cina. Con una crescente dipendenza tecnologica ed energetica, un modello di crescita che è obsoleto, anzi, un modello di distruzione dei servizi sociali, della sanità, del welfare, dell’istruzione.
Altro che crescita: Europa, il declino dell’innovazione e della coesione
L’Europa oggi ha un tasso di crescita insufficiente, una popolazione che invecchia, e un’innovazione rimasta indietro. È una confederazione di stati scoordinati, senza coesione interna e senza indipendenza, che sarebbe invece necessaria per competere globalmente. Non ha istituzioni di ricerca importanti, è guidata da burocrati, non da esperti, né da politici. E certamente non è in grado di gestire il riavvolgimento del nastro della cosiddetta globalizzazione, che da alcuni mesi si chiama reshoring, cioè riportare indietro le cose.
Politica assente, burocrazia dominante
Le istituzioni europee dovrebbero usare risorse pubbliche per favorire la leva dell’innovazione, ridurre il rischio delle tecnologie emergenti, attrarre capitali privati. Ma soprattutto dovrebbero investire sugli imprenditori, non sui burocrati. La vera mancanza qual è? È la mancanza di una guida politica, di leader capaci di dare autonomia agli innovatori e agli imprenditori. Ma perché è successo tutto questo? È successo perché i politici di allora hanno dato il potere ai burocrati di oggi. Questo è il mio punto di vista.
Il futuro tra identità e consapevolezza
Continuare ad illudersi che l’effetto Bruxelles possa avere una leva politica è illusorio. L’Europa è come una rana bollita, dove la temperatura sta aumentando a danno di chi ci vive dentro. Oggi servirebbe una vera leadership, con il coraggio di dire le cose ovvie: che il futuro dell’Europa sono le imprese, le imprese che producono per la pace, i diplomatici. Il futuro dell’Europa è il grande pensiero culturale, è il grande pensiero filosofico, è investire sulla conoscenza e sulla consapevolezza dell’individuo. Ma mi rendo conto che sono discorsi astratti, che interessano ben poche persone. Io, comunque, la penso così. Penso che noi non dobbiamo scimmiottare né la Cina né gli Stati Uniti: dobbiamo coltivare l’identità italiana, la nostra capacità di fare.










