Un violentissimo terremoto di magnitudo 8.8 ha scosso l’Estremo Oriente russo nella notte tra martedì e mercoledì, con epicentro localizzato a circa 119 chilometri a est di Petropavlovsk-Kamchatsky, al largo della penisola di Kamchatka. La scossa è stata registrata alle 1:24 ora italiana (le 8:24 locali) e si è originata a una profondità di circa 21 chilometri.
L’impatto è stato immediato: il sisma ha innescato un’allerta tsunami su vasta scala in tutto il bacino del Pacifico. Dal Giappone alle Hawaii, dalle Isole Curili alla California, fino a coinvolgere Guam, Cina, Ecuador, Messico e le isole Galapagos.
La città di Severo-Kurilsk, nell’arcipelago delle Curili, è stata colpita da onde alte fino a 5 metri, secondo le autorità russe. Nel distretto di Elizovsky, sulla terraferma della Kamchatka, le onde hanno raggiunto i 4 metri, causando danni strutturali e diversi feriti. Lo stato di emergenza è stato dichiarato nelle zone costiere più esposte, con l’evacuazione di oltre 2.700 persone. Il Centro di Allerta Tsunami del Pacifico ha diffuso immediatamente un comunicato: “È necessario agire con urgenza per proteggere vite umane e proprietà”.
Evacuata Fukushima, in Giappone oltre 2 milioni in fuga
In Giappone, la memoria dello tsunami del 2011 è ancora viva. Le autorità hanno disposto l’evacuazione precauzionale della centrale nucleare di Fukushima Daiichi e il trasferimento immediato di oltre 2 milioni di cittadini dalle aree costiere. Onde anomale di circa 1,3 metri sono arrivate lungo le coste nordorientali dell’arcipelago. Situazione critica anche negli Stati Uniti: alle Hawaii, in particolare a Maui e Big Island, si sono registrate onde di oltre 1,5 metri, mentre la California settentrionale ha osservato lievi innalzamenti del livello del mare, con forti correnti pericolose.
Un sisma tra i più potenti del secolo, in una delle faglie più instabili del pianeta
Secondo gli esperti, il sisma della Kamchatka è tra i sei più forti terremoti mai registrati al mondo dal 1900, al pari di eventi storici come il terremoto del Cile nel 2010 e quello dell’Ecuador-Colombia del 1906. La scossa è avvenuta lungo una zona di subduzione tra la placca Pacifica e quella di Ochotsk, un’area tra le più sismicamente attive al mondo. Secondo gli esperti sismologi dell’USGS (United States Geological Survey) e del Centro Sismologico Euro-Mediterraneo, il terremoto che ha colpito la Kamchatka si colloca tra i sei più forti eventi sismici mai registrati a livello globale dal 1900, raggiungendo una magnitudo di 8.8 sulla scala del momento sismico (Mw). Si tratta di un livello di energia paragonabile a quello del catastrofico terremoto del Cile del 2010, che causò oltre 500 vittime e danni per oltre 30 miliardi di dollari, e di quello che nel 1906 devastò le zone di confine tra Ecuador e Colombia, generando un maremoto che raggiunse perfino le Hawaii.
La scossa della Kamchatka è stata generata da un violento movimento lungo una zona di subduzione: un confine geologico dove la placca Pacifica scivola sotto la placca di Ochotsk, spingendosi nel mantello terrestre. Questo processo di convergenza tra placche tettoniche è tra i più attivi e pericolosi al mondo, e non è nuovo a fenomeni estremi: nel 1952, proprio in questa regione, un sisma di magnitudo 9.0 produsse uno tsunami che devastò le coste russe e giapponesi, uccidendo centinaia di persone.
L’energia liberata da un terremoto di magnitudo 8.8 equivale a quella di circa 1.000 bombe atomiche come quella di Hiroshima. Ma ciò che rende questi eventi ancora più pericolosi è la loro capacità di generare tsunami transoceanici, con onde che possono propagarsi per migliaia di chilometri, colpendo territori lontanissimi dal punto di origine. La regione della Kamchatka, insieme all’intero ‘Anello di Fuoco’ del Pacifico, rappresenta una cintura sismica ad altissimo rischio, dove oltre il 90% dei terremoti mondiali prende origine. Qui la crosta terrestre è in costante tensione, e rilascia periodicamente enormi quantità di energia.
Secondo gli studiosi, l’evento del 30 luglio 2025 va quindi inquadrato non come un’anomalia, ma come una manifestazione attesa di un sistema tettonico in continua evoluzione. Il monitoraggio e la prevenzione, in queste aree, sono fondamentali per ridurre il rischio di disastri umanitari su vasta scala.










