È arrivata in questi giorni la risposta chiara e distinta del Cremlino alla vergognosa e deplorevole censura italiana ai danni di artisti russi. In primis Gergiev, ma non solo lui.

Come è noto, il concerto di Gergiev, che era previsto a Caserta per il 27 di luglio, è stato annullato in nome della petizione avanzata dal fronte russofobico dominante. Ebbene, la Russia ora fa sapere che, così leggiamo su ansa.it, “resta aperta agli artisti italiani”. Una risposta di gran classe, non c’è che dire. Una risposta che ridicolizza ampiamente, se ancora ve ne fosse bisogno, il pavido governo della destra bluette neoliberale, filoatlantista, filoisraeliana e russofobica di Giorgia Meloni. Non sappiamo, a dire il vero, se detto governo riuscirà almeno a capire la finezza della risposta russa. Tale e tanta è la grettezza del potere oggi dominante nel nostro sventurato Paese. Sia quel che sia, sarebbe d’uopo sviluppare un ragionamento serio e al di là della barriera solida dei pregiudizi.

Chi è il vero censore

Si dice sempre, con riflesso pavloviano ed è ormai un cliché collaudato, che la Russia di Putin è un totalitarismo repressivo e nemico della libertà. Ammettiamo per un istante, ex hypothesi, che ciò risponda al vero. E che dire allora di una realtà, quella europea, che reprime la libertà di espressione agli artisti? Che annulla i concerti in nome della lotta contro la Russia? Se il governo russo è repressivo, ne segue sì logicamente che ancor più lo è quello dei Paesi dell’odierna Unione Europea, i quali ormai, calpestando quel poco di dignità che restava loro, sono passati direttamente alla guerra contro la cultura russa, da Dostoevskij a Gergiev. E quando la guerra va a colpire la cultura, lì la barbarie raggiunge il grado massimo, il non plus ultra.

Anche da questi eventi orrendi, da cui ogni cittadino europeo ancora pensante dovrebbe dissociarsi incondizionatamente, si evince, con adamantino profilo, come l’odierno Occidente debba essere concepito come Uccidente, e non è, badate, un semplice gioco di parole. L’Uccidente riposa infatti oggi sulla pulsione pantoclasta-nichilista, che lo porta ad annientare ogni cosa, compresa la cultura. Ma fare la guerra alla cultura significa sempre e solo spalancare le porte alla barbarie, quella barbarie che ormai sembra essersi impadronita compiutamente della nostra Europa, tempio vuoto che santifica le guerre umanitarie e il turbocapitalismo finanziario.

RadioAttività – Lampi del pensiero quotidiano | Con Diego Fusaro