Il Senato ha approvato all’unanimità il disegno di legge che introduce il reato di femminicidio nel codice penale italiano. Il testo, frutto di una mediazione parlamentare, punta a riconoscere e contrastare in modo più efficace la violenza di genere. Ma non mancano critiche: tra i più scettici Daniele Capezzone, secondo cui la norma rischia di creare una “giustizia diseguale”.
Un nuovo reato nel codice penale
Con 161 voti favorevoli, il Senato ha dato il via libera al disegno di legge che istituisce l’articolo 577-bis del codice penale, configurando il femminicidio come reato autonomo e punito con l’ergastolo. La norma si applica quando l’omicidio di una donna è commesso “con atti di discriminazione o di odio verso la vittima in quanto donna”, oppure per reprimere la sua libertà o personalità. Un passo definito “storico” dalla ministra Eugenia Roccella, secondo cui “tipizzare il reato non vuol dire creare classifiche di dolore, ma riconoscere una specificità, per prevenirla”.
Soddisfazione trasversale, ma non unanime
Il voto ha visto una rara convergenza tra maggioranza e opposizione, con il plauso di Giorgia Meloni (“Una piaga intollerabile che vogliamo combattere”) ed Elly Schlein (“Il confronto ha migliorato il testo”). Ma se la politica si mostra compatta, dal mondo dell’opinione pubblica e della comunicazione arrivano voci dissonanti. Daniele Capezzone, ai microfoni di Capezzoom, ha criticato il cuore del provvedimento: “Stabilire per legge che un omicidio è più grave o meno grave a seconda del sesso dell’offensore o dell’offeso non mi convince. Un omicidio è un omicidio e va punito nel modo più severo, chiunque siano vittima e carnefice”.
Capezzone: “Giusto punire, ma senza diseguaglianze”
Capezzone non nega la necessità di combattere la violenza contro le donne, ma mette in discussione la cornice normativa: “Naturalmente occorre una grande campagna culturale, perché è vero che ci sono troppi atti di violenza fino all’omicidio che vedono come vittime le donne”, ha riconosciuto. Tuttavia, cita il presidente argentino Javier Milei per sostenere un principio di equità assoluta: “Punire di più se la vittima è donna rispetto a un figlio o a un anziano? Non lo trovo giusto. La giustizia deve essere imparziale, non condizionata dal genere”.
Ora la parola alla Camera
Il testo approvato passerà ora all’esame della Camera dei deputati per il via libera definitivo. Oltre alla qualificazione del reato, il ddl prevede anche una stretta sui benefici penitenziari, una maggiore formazione dei magistrati, e misure per il sostegno agli orfani di femminicidio. La senatrice Valeria Valente (PD) lo definisce un “punto di non ritorno nel progresso giuridico”, ma sarà proprio il passaggio parlamentare e l’attuazione concreta a testare l’efficacia – e l’equità – di questo nuovo strumento penale.










