Il libero scambio non è più un dogma. La crisi del modello globalizzato, l’irrigidimento delle politiche europee e il ritorno dei dazi by Trump riportano al centro il concetto di sovranità economica. Il senatore leghista Claudio Borghi indica due strade, ma con una certezza: “Pensare di far tornare il miliardario a spendere è fuori dalla realtà”.

Il gigante americano si ritira, l’Europa resta scoperta

Per decenni, l’economia globale si è retta ha beneficiato dell’iperconsumo statunitense, un flusso costante di domanda che ha alimentato le esportazioni di mezzo mondo. Ora, secondo Borghi, questo ciclo si è spezzato: “Il mondo ha basato il suo modello di sviluppo su un miliardario che scialacquava il suo denaro nei negozi mondiali. Adesso è arrivato un nuovo amministratore e la festa è finita”. La metafora è chiara: se gli Stati Uniti iniziano a chiudere i rubinetti della domanda, l’intero impianto vacilla. Per l’Italia, grande esportatore, si apre una fase di turbolenza.

Trattare da soli: l’eresia del bilateralismo

In un’Unione Europea dove ogni Paese agisce secondo il proprio interesse fiscale, Borghi si chiede perché Roma non possa fare lo stesso anche sul piano commerciale. “In una UE dove ci sono 27 regimi fiscali diversi, perché dovrebbe essere uno scandalo che un Paese applichi una politica economica diversa con gli Stati Uniti?”. La sua proposta: trattative bilaterali tra Italia e USA, al di fuori della mediazione comunitaria. È una soluzione parziale, ammette, ma realistica: “Non risolvo lo squilibrio globale, ma almeno provo a salvarmi io”. Una posizione che richiede “una buona dose di sfrontatezza”, ma che considera meno irrealistica rispetto a un’improbabile svolta collettiva dell’Unione.

Il tabù europeo: spendere per crescere

L’alternativa, molto più ambiziosa, sarebbe riscrivere le regole economiche dell’UE, a partire dall’abbandono del patto di stabilità. Borghi immagina un’Europa che investe davvero: “Se invece vuoi fare un ospedale, una ferrovia, una strada, no. Ma se compri armi puoi spendere quanto vuoi”. La denuncia è frontale. Una svolta espansiva, secondo il senatore, rilancerebbe la domanda interna e compenserebbe la perdita del mercato americano: “Quella parte di prodotti che non ti compreranno più gli americani, te li compreranno gli italiani, i tedeschi o i francesi”.

L’euro come gabbia: “Fuori la Germania”

Ma anche l’ipotesi espansiva ha un punto debole: la divergenza strutturale tra Nord e Sud Europa. “Se spendiamo di più, gli squilibri si spostano all’interno dell’UE. La Germania venderà le BMW alla Grecia e torniamo al 2011”. Per Borghi, l’unica vera soluzione è radicale: lo smantellamento dell’eurozona, cominciando da Berlino. “L’unica soluzione definitiva – anche se vi darà fastidio sentirla – è far uscire la Germania dall’eurozona, ridarle il suo marco e tutto magicamente si aggiusta”.