Il 19 novembre 2025 il CDC (Centers for Disease Control and Prevention) ha modificato la sua pagina “Autism and Vaccines”. Il testo oggi afferma che l’affermazione “vaccini non causano autismo” non è “un’affermazione basata sulle prove”, perché secondo l’agenzia “gli studi non hanno escluso la possibilità che i vaccini infantili contribuiscano allo sviluppo dell’autismo”. La modifica rappresenta un netto cambiamento rispetto alla posizione prevalente fino a pochi giorni prima, quando la pagina recitava che “studi hanno mostrato che non esiste un legame tra vaccinazioni e disturbi dello spettro autistico”. Per Renate Holzeisen la svolta è clamorosa e riapre un dibattito spigoloso su obbligo vaccinale e possibili correlazioni tra le inoculazioni e l’aumento delle patologie dello spettro autistico nei neonati.
L’OMS e le pressioni dei finanziatori: un nodo di governance
Alla base delle valutazioni di Holzeisen sulla questione un nodo centrale: l’assetto finanziario e decisionale delle grandi organizzazioni sanitarie internazionali che impongono normative agli stati. “Basta leggere l’articolo uscito un mese fa sul British Medical Journal con il titolo “Chi guida l’OMS” ricorda, sottolineando come dal rapporto emerga “che ormai l’OMS dipende in modo fondamentale da coloro che in fin dei conti producono questi vaccini”.
Il riferimento dell’avvocata riguarda l’evoluzione dei finanziamenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, oggi composti in larga parte da contributi volontari e finalizzati di governi e fondazioni private, in particolare nel settore vaccinale. È un punto reale: la quota di fondi vincolati è cresciuta e influenza le priorità operative. L’interrogativo cruciale, dunque, verte sulla trasparenza e sulla natura dei finanziamenti, riconosciuto anche dalla stessa agenzia.
La crescita dei piani vaccinali: un’espansione senza controllo reale
Per Holzeisen, l’aumento del numero di vaccinazioni previste nell’infanzia non è un semplice aggiornamento sanitario, ma il segno di una deriva strutturale. “C’è stata una proliferazione dei piani vaccinali in certi Paesi come gli Stati Uniti e l’Italia”, afferma, richiamando un trend che negli ultimi decenni ha trasformato radicalmente l’approccio alla prevenzione pediatrica. Il confronto storico non lascia dubbi: si passa da pochi vaccini fondamentali a un calendario che oggi comprende circa quindici sostanze diverse, somministrate in un numero crescente di dosi. “Negli Stati Uniti, anche con quelli raccomandati, circa 15”, puntualizza, ricordando che “una cosa è la sostanza vaccinale, l’altra è la dose e il richiamo”.

La distinzione è cruciale nel suo ragionamento: ciò che appare come un aumento “solo quantitativo” è in realtà un’espansione qualitativa dell’esposizione infantile, resa ancora più significativa dall’introduzione dei prodotti multivalenti. L’esavalente e il quadrivalente, pur riducendo il numero di iniezioni, moltiplicano infatti gli antigeni inoculati simultaneamente. Secondo Holzeisen, questo assetto sottrae margini di scelta ai genitori e concentra un potere sproporzionato nelle mani dei produttori. “Non sono neanche disponibili monovalenti anche se i genitori volessero optare per tale opzione”, denuncia, indicando un mercato che ha eliminato ogni alternativa e reso impossibile una selezione consapevole e modulata delle vaccinazioni.
Il caso CDC: cosa è cambiato davvero negli Stati Uniti

Il passaggio del CDC americano del 19 novembre sulle correlazioni tra vaccini e autismo infantile rappresenta, nella lettura di Holzeisen, la conferma definitiva di anni di omissioni. “Il CDC dichiara finalmente sul sito web che la dichiarazione che i vaccini non causano l’autismo non è basata scientificamente”, afferma, sottolineando come l’agenzia abbia abbandonato la formula assolutoria utilizzata per decenni. Per lei, si tratta di un’ammissione esplicita: la sicurezza proclamata non era fondata su prove solide, ma su una narrazione costruita.

L’ammissione successiva del CDC è ancora più netta: “Studi che hanno provato che c’è una connessione sono stati ignorati”. Nell’analisi di Holzeisen il cambio di posizione del CDC non è solo un gesto tecnico, ma il riconoscimento tardivo di un problema rimosso. È il punto in cui il dibattito americano si apre definitivamente alla possibilità che il sistema abbia scelto per anni di smentire prima di indagare, sacrificando l’indipendenza scientifica sull’altare dell’immagine istituzionale.


La revisione del piano vaccinale USA e il caso epatite B

Per Holzeisen, la decisione dell’amministrazione Trump di rivedere l’intero piano vaccinale pediatrico non è un’iniziativa politica, ma una conseguenza obbligata delle rivelazioni emerse. “Hanno revocato la raccomandazione per tutti i neonati del vaccino contro l’epatite B se le madri al test risultano negative“, ricorda, evidenziando un cambiamento che conferma la gravità delle criticità accumulate. Il richiamo ai lavori dell’ACIP, e alle posizioni espresse da figure come Malone e Levy, serve a mostrare che anche all’interno degli organismi tecnici più influenti sta crescendo la consapevolezza di un eccesso di automatismi nelle raccomandazioni pediatriche. La revisione avviata negli Stati Uniti appare, nella prospettiva di Holzeisen, come il primo segnale concreto che il sistema sta riconoscendo la necessità di fermarsi, correggere e ripristinare trasparenza e prudenza nelle scelte che riguardano i più piccoli.
LINK ARTICOLO BMJ “CHI GUIDA L’OMS” – https://gh.bmj.com/content/10/10/e015343
LINK DOCUMENTO CDC “AUTISM AND VACCINES” – https://www.cdc.gov/vaccine-safety/about/autism.html










