L’irruzione avvenuta venerdì scorso nella sede de La Stampa continua a far discutere. L’azione, compiuta da un gruppo di manifestanti ProPalestina e riconducibili ai centri sociali torinesi, ha suscitato un’ondata di condanne trasversali dal mondo politico. Tra le voci più dure c’è quella di Daniele Capezzone, Direttore de Il Tempo, che in diretta ha offerto una lettura severa di quanto accaduto, mettendo in luce tanto la gravità dell’episodio quanto le responsabilità, a suo giudizio, delle istituzioni locali.

Secondo Capezzone, l’irruzione – culminata nello scarico di letame all’interno della redazione – rappresenta ‘una cosa indegna, indegna’, aggravata dal fatto che la protesta si sia abbattuta proprio contro un quotidiano che, afferma, ‘è stato ultrasensibile alle ragioni’ degli stessi manifestanti. Un paradosso che per il giornalista dimostrerebbe l’incapacità di quella frangia attivista di distinguere chi è loro vicino da chi non lo è.

Nonostante la condanna unanime arrivata da tutto l’arco politico, da Giorgia Meloni a Elly Schlein, non siano mancati tentativi di relativizzare l’accaduto. La bufera scatenatasi su Francesca Albanese non è infatti un caso, l’idea che episodi del genere possano costituire un ‘monito ai giornalisti’ (parole di Albanese) è un’ipotesi da contestare: pur riconoscendo che la categoria giornalistica abbia ‘mille colpe’ su molti fronti, nulla giustifica irruzioni, minacce o intimidazioni.

Dinamiche politiche, e non

Il commento di Capezzone si estende poi alle dinamiche politiche cittadine. Ricorda infatti che il centro sociale torinese Askatasuna (promotore dell’azione) aveva recentemente ottenuto una sede dal Comune dopo la firma di un patto con l’amministrazione. ‘Quelli fanno i teppisti e tu ci fai il patto’, osserva con tono ironico, criticando anche la reazione del sindaco, che a suo giudizio avrebbe evitato un confronto diretto sulle responsabilità del centro sociale. Una situazione che sembra replicare quanto avvenuto a Bologna, dove manifestazioni violente nelle scorse settimane hanno provocato diversi feriti tra le forze dell’ordine nonostante il riconoscimento di spazi e utenze a due centri sociali coinvolti.

In sostanza, ci troviamo di fronte a una contraddizione strutturale nelle politiche di dialogo con realtà che, in alcuni casi, continuano a ricorrere alla violenza.