Lo scorso 13 novembre, lo youtuber Simone Cicalone, noto per il suo impegno nel documentare le realtà difficili delle periferie romane, è stato vittima di un’aggressione violenta alla stazione della metropolitana di Roma. Mentre stava registrando uno dei suoi consueti video, diversi malviventi lo hanno attaccato, cercando di distruggere la sua attrezzatura e minacciandolo fisicamente. Cicalone ha scelto di non reagire benché abbia un passato da individuo versato nei combattimenti: “Se mi fossi difeso, oggi non staremmo qui a parlarne. Oggi io sarei sul patibolo”, ha dichiarato, sottolineando la pericolosità della sua situazione e la consapevolezza che, in certi contesti, anche una reazione minima può portare a gravi conseguenze. L’episodio ha scatenato un ampio dibattito sulla violenza urbana, sul ruolo dei social media e sulla gestione della sicurezza nelle città.

Cicalone ha raccontato nel dettaglio l’aggressione in Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, sottolineando come gli aggressori, per nulla improvvisati, abbiano cercato di manipolare la realtà e ostentare il loro stile di vita sui social nel silenzio delle piattaforme che dovrebbero vigilare: “Lui dice che io gli ho dato il primo pugno, capite? Ma io non ho dato il primo pugno.” Un’accusa falsa, a cui si è aggiunta la verità delle riprese e delle indagini in corso, che hanno permesso alla polizia di ricostruire l’accaduto. “L’aggressione era studiata, non lasciano niente al caso“, ha spiegato Cicalone, riferendosi alla preparazione con cui i suoi aggressori hanno agito.
Nonostante le minacce e le violenze, l’influencer ha scelto di non rispondere, cercando di evidenziare un problema più grande: la costante espansione di un “welfare criminale” che alimenta le dinamiche di povertà e violenza nelle periferie. “Per le rom c’è un vero racket“, in cui le famiglie, spesso coinvolte fin dalla generazione precedente, divengono attori consapevoli di un sistema che li sfrutta.
Questa realtà non è più solo una questione di criminalità, ma di un contesto che si radica nelle strutture sociali più deboli. Cicalone ha raccontato le sue conversazioni con alcuni malviventi, rivelando come il crimine venga visto da molti come una “soluzione” per superare la miseria: “A un certo punto, mi hanno detto: ‘Se vado a casa con meno di 500 euro, sono cavoli miei’. Ma non solo il marito, anche il padre, la madre, i figli.” La violenza e il furto, secondo Cicalone, sono diventati per molti una sorta di eredità culturale, dove il crimine è vissuto come parte di una tradizione di sopravvivenza, quasi inevitabile.
La vicenda ha assunto una dimensione ancora più complessa quando l’aggressore di Cicalone ha cercato di capovolgere la verità sui social, facendo dirette su TikTok per ostentare una vita lussuosa, nonostante fosse coinvolto in un crimine: “Oggi i social mostrano una criminalità virtuale, quella delle case super lussuose, dei soldi facili, dei colpi di fortuna. Ma dove sono finiti i soldi? Quelli vengono dai crimini, e bisogna stare molto attenti a permettere che certi messaggi vengano veicolati“.
La visibilità acquisita è anche l’occasione per sollevare un velo sulla realtà della microcriminalità presente nelle nostre città: “Noi ci meravigliamo quando menano me, che ci ho abbozzato. Se vi faccio vedere le cicatrici di molti di loro, vi mettete paura.” Ma la devianza criminale è legata a doppio filo con le problematiche sociali delle periferie. Il “welfare criminale” in particolare permette alla criminalità di prosperare grazie a un circolo vizioso di povertà, emarginazione e mancanza di opportunità.
In una città come Roma, dove la povertà sta crescendo e le risorse scarseggiano, Cicalone ha evidenziato come le case popolari, anziché essere un’opportunità di riscatto, siano diventate spesso “territori” di ricatto e violenza. “La casa te la faccio tenere, ma ti ricatto. Ti metto in una situazione dove ogni tua mossa è sotto controllo“, ha spiegato, riferendosi alle modalità con cui la criminalità e le prepotenze si infilano anche nelle istituzioni sociali. La denuncia è chiara: “Oggi il welfare criminale ha preso piede nelle periferie, le case popolari sono diventate luoghi dove la criminalità esercita il suo controllo“.
Infine il messaggio ai deputati: “La politica deve capire che oggi la sicurezza nelle periferie è un’emergenza, ma non solo per la criminalità. Le persone devono essere aiutate prima che il crimine diventi l’unica soluzione.”










