Un giro di caviglia destra intenzionale per piazzare il tracciante dello zero a uno; uno involontario per provare la cognizione del dolore che lascia incompiuta la sua partita: c’è tanto, quasi troppo nel quarto d’ora di Moise Kean, che apre le partita e subito dopo chiude il sipario sulla sua prova.

Vento forte e tagliente, che attraversa la “Le Coq Arena” di Tallinn ma per opporsi al quale a Gennaro Gattuso bastano giacca e maglioncino: come a dire che è già sufficientemente alta la tensione verso il massimo ottenibile da un girone segnato (in tutti i sensi) dalla prolificità offensiva dei norvegesi.

Movimenti sempre azzeccati dagli Azzurri in avanti, a cominciare da quelli senza palla di Raspadori; tempi di gioco un po’ meno, perché a tratti l’Italia si palleggia addosso, con i collegamenti lungo la dorsale Barella – Orsolini che trovano fluidità solo nella seconda parte del primo tempo, quando il giocatore del Bologna serve a Retegui l’assist dello zero a due, da destra.

Cambiaso e Spinazzola per Orsolini e Raspadori, per aumentare un poco i giri, mentre Retegui continua a cercare la zolla del raddoppio; Italia che tenta di battere più le vie centrali e di creare densità al limite dell’area; il doppio vantaggio è un’apericena, se rapportato al bisogno di segnature che abbiamo, ma a volte bisogna farsi bastare “pizzette e tramezzini” come avrebbe detto l’indimenticabile Furio Focolari.

L’Italia è questa, signori: maggiore sarà la consapevolezza di certi limiti, a livello di leadership individuali e di fatica in fase realizzativa, più rapidamente Gattuso impianterà uno spirito di gruppo capace, col massimo dell’efficacia possibile, di sopperire all’assenza di un singolo valore assoluto, fatta eccezione per Donnarumma, anche se stasera più che una presa alta ha regalato una “presina”, di quelle troppo sottili per impedire che la teglia, anzi la palla, scotti tra le dita, regalando il punto della bandiera ai padroni di casa.
Poco prima del gol estone, l’Italia aveva arrotondato a tre i suoi, con un graffio d’esterno destro di Pio Esposito, su appoggio di Dimarco dal lato mancino.

Finisce con i nostri raccolti nella loro metà campo, per contenere lo sfogo finale degli avversari. Vittoria più faticosa e meno rotonda del previsto, richiamo alla realtà per tutti, a cominciare dall’impavido Ringhio, sferzato più dal lavoro da compiere che dal vento del Baltico.