Nel cuore del dibattito sul riarmo europeo, Roberto Vannacci, europarlamentare della Lega, lancia un duro atto d’accusa contro l’inefficienza industriale e l’autolesionismo economico dell’Unione Europea. A Strasburgo, e poi ai microfoni di Lavori In Corso, il generale non usa mezzi termini: “Parlare di riarmo oggi non ha senso”. Il nodo? Un’Europa che produce armi a costi dieci volte superiori rispetto a Russia, Cina o Corea del Sud.

Il supermarket degli armamenti

“Ieri sono andato a fare la spesa… ma non in un supermercato qualsiasi: sono andato al Kiel Institute“, ironizza Vannacci davanti a Kaja Kallas, Commissario UE agli Esteri. Il paragone tra i reparti di un market e la spesa militare serve a evidenziare un punto chiave: l’Europa non è competitiva nemmeno nella difesa. Il carro armato Leopard 2 A8 tedesco costa 29 milioni di euro, mentre il T-90 russo ne costa 4, e il cinese 99 Alfa solo 2,3 milioni. Non va meglio per l’artiglieria: il semovente PZH2000 tedesco ne costa 17, contro i 3 milioni del K9 coreano. “Aumentare la spesa militare al 5% o al 3,5% del PIL in queste condizioni non ha alcun senso”, insiste, “se prima non recuperiamo competitività energetica ed economica“.

L’energia come tallone d’Achille

Alla base del divario c’è un problema strutturale: il costo dell’energia. “Quando la Cina paga un decimo il prezzo dell’energia rispetto a noi, è chiaro che il prodotto finale costa meno”, spiega Vannacci. La fine dell’import di gas russo ha spinto Mosca a vendere il suo surplus proprio a Pechino, a prezzi stracciati. In parallelo, l’Europa ha intrapreso una politica industriale che il generale definisce senza esitazioni “scellerata“: Green Deal, decarbonificazione, delocalizzazione, carbon tax. Tutto questo ha portato alla “devastazione industriale” e all’importazione costosa di materie prime lavorate altrove. “Abbiamo fatto come Tafazzi”, ironizza, “e oggi non siamo più in grado di competere”.

Una difesa che non difende nessuno

Per Vannacci, l’industria bellica europea è vittima non solo di costi spropositati ma anche di una visione distorta del profitto: “Le nostre aziende lavorano per ottenere margini di guadagno enormi, mentre in un’economia di guerra si produce senza margini”. Il risultato? Anche spendendo di più, l’Europa resta strategicamente vulnerabile. “Il carro armato cinese non è al livello di quello tedesco, ma fa quello che deve fare. E intanto, la Polonia, paese NATO, ha comprato armi dalla Corea del Sud, non da Berlino”. Il messaggio finale è chiaro: senza una riforma delle politiche economiche europee, parlare di riarmo è una farsa. “Signora Kallas, ci vada davvero al supermercato. I cittadini europei non vogliono cannoni al posto del pane“.