Partendo dall’osservazione degli animali e del loro istinto naturale alla diffidenza, nasce una riflessione: perché noi esseri umani sembriamo sempre più pronti a fidarci di tutto, anche quando non possiamo controllarlo? Gli animali, fin dalla nascita, sanno distinguere ciò che rappresenta un pericolo da ciò che non lo è. Noi, invece, sembriamo aver perso questa capacità, come se il nostro DNA non avesse più impresso il codice della difesa.
La tecnica, lungi dall’essere neutra, ha riscritto le regole della nostra esistenza. Ci ha sedotto con la promessa di risolvere ogni problema, ma spesso ne ha creati di nuovi, sempre più grandi e difficili da gestire. Ha trasformato il nostro rapporto con la natura e con noi stessi, imponendosi come un apparato che governa la realtà e le nostre vite.
Così ci ritroviamo a vivere in un mondo in cui tutto è manipolabile, dove anche le immagini e le informazioni che riceviamo possono essere falsificate e strumentalizzate. La fiducia cieca nella tecnica ci rende docili e disponibili, ma ci toglie la capacità di difenderci, di discernere e di scegliere.
Siamo davvero liberi o stiamo diventando semplici utilizzatori, addirittura funzionari e sacerdoti di un sistema che ci sfugge di mano? Forse dovremmo recuperare quello che i greci avevano ben chiaro: l’armonia con la natura e con la totalità dell’essere, non la sua dominazione. Perché il pericolo più grande oggi non è la tecnica in sé, ma l’illusione che ci faccia sentire padroni, quando invece siamo solo parte di un ingranaggio che cresce a dismisura.