Brutte notizie per i dipendenti che si ritroveranno con una riduzione dello stipendio in busta paga. Ecco il motivo di questa stangata.
Di questi periodi non è una bella notizia ritrovarsi con una riduzione dello stipendio in busta paga. Eppure è ciò che sta accadendo a molti lavoratori dipendenti. E in un periodo storico in cui i beni di prima necessità e le bollette hanno costi sempre più alti, si fatica ad arrivare a fine mese.

Ma a chi spetta questa riduzione in busta paga? Qual è il motivo di questa stangata che sta colpendo i dipendenti? Ecco tutto ciò che c’è da sapere su questa brutta notizia che sta facendo infuriare molti lavoratori.
A chi spetta la riduzione dello stipendio in busta paga
In questo particolare momento storico, i beni alimentari e i costi delle bollette sono molto aumentati e molta gente fatica ad arrivare a fine mese. Ci vorrebbe un aumento di stipendio in busta paga proprio per sostenere con più serenità tutte queste spese. Eppure, invece che un aumento, a molti lavoratori spetterà una riduzione dello stipendio.

Sì, perché in effetti anche se il periodo storico è molto difficile, i datori di lavoro non hanno il divieto di tagliare la busta paga. Anzi, possono farlo, seppur a determinate condizioni e soprattutto rispettando i diritti dei lavoratori. Infatti, nonostante non ci sia un salario minimo, c’è una soglia sotto cui non è possibile scendere. In particolare, l’articolo 2103 del Codice Civile obbliga il datore di lavoro al rispetto del contratto individuale per quanto riguarda lo stipendio e le mansioni concordate.
Quindi l’azienda non può procedere alla riduzione dello stipendio del personale, nemmeno in un periodo di crisi economica. Non solo ma è vietato pattuire la riduzione dello stipendio tra le parti, per tutelare il lavoratore da eventuali abusi, a meno che ricorrano particolari circostanze. In particolare, il dipendente può accettare uno stipendio inferiore, che sia sempre proporzionato alla prestazione lavorativa, quando ciò gli consente di mantenere il posto di lavoro.
Fra il datore di lavoro e i dipendenti possono essere stipulati accordi per modificare le mansioni, la categoria legale, il livello di inquadramento e la retribuzione soltanto nell’interesse del lavoratore. Dunque il datore di lavoro non può ridurre lo stipendio dei dipendenti unilateralmente, e non può neanche concordare la diminuzione dello stipendio se ha un effetto peggiorativo per il lavoratore.
Di fatto il datore di lavoro non può ridurre la paga base ma può eliminare le attribuzioni patrimoniali che non hanno carattere contributivo, come i buoni pasto, ad esempio. Il datore di lavoro, inoltre, può cambiare mansioni al dipendente, purché d’inquadramento superiore o comunque riconducibili allo stesso livello.
L’ordinanza n. 26320/2024 della Cassazione conferma infatti l’irriducibilità dello stipendio al di fuori dell’accordo migliorativo in sede protetta. Altrimenti il lavoratore avrà diritto al pagamento degli arretrati, comprensivo di differenze salariali, contributive e Tfr, oltre all’eventuale risarcimento del danno aggiuntivo. Inoltre se il dipendente lascia il lavoro, si configureranno le dimissioni per giusta causa.
Se invece il datore di lavoro licenzia il dipendente che non ha accettato l’accordo peggiorativo, si configurerà un licenziamento illegittimo.