È arrivata una brutta notizia per tanti genitori che otterranno la revoca del pagamento dell’Assegno di inclusione. Ecco quando.
Fra i sostegni economici pensati per coloro che si trovano in condizioni di difficoltà economica e che mirano all’inclusione sociale attraverso percorsi di inserimento, formazione, lavoro e politica attiva di lavoro, c’è l’Assegno di inclusione, introdotto il primo gennaio 2024. Si compone di due parti: un’integrazione del reddito familiare e un sostegno per i nuclei residenti in abitazione concessa in locazione con contratto ritualmente registrato.

Ogni mese dunque verrà erogato l’assegno sulla carta di pagamento elettronica (Carta di inclusione o Carta ADI). Chiaramente possono ottenerlo solo coloro che abbiano alcuni requisiti anagrafici e di reddito. In linea di massima, dunque, è un grande aiuto per le famiglie se non fosse che è arrivata la stangata per i genitori, perché potrà avvenire la revoca del pagamento dell’Assegno di inclusione. Ecco perché.
A quali genitori spetta la revoca del pagamento dell’Assegno di inclusione
L’Assegno di inclusione è un sostengo economico che viene erogato ogni mese dall’Inps alle famiglie con almeno un minore, una persona disabile, una con più di 60 anni oppure una in condizioni di svantaggio, e che ha sostituito il reddito di cittadinanza.

Spetta a coloro che rispettano determinati requisiti anagrafici e di reddito ma, per poterlo percepire, è necessario anche il rispetto dell’obbligo di istruzione dei figli minorenni, come previsto all’articolo 2 comma 3-bis. Con il nuovo decreto del Ministero del Lavoro è diventata operativa questa novità secondo cui le famiglie con figli minori sono vincolate a rispettare l’obbligo scolastico. In mancanza della documentazione che attesti la frequenza a scuola, si rischia di perdere il beneficio.
Sono i genitori, dunque, a dover fornire la prova dell’adempimento dell’obbligo di istruzione nell’ambito del Patto per l’inclusione sociale (PaIS). A verificare la documentazione saranno gli operatori dei servizi sociali responsabili della definizione del Patto, confrontando dati e informazioni messe a disposizione ad esempio dal Ministero del Lavoro che, attraverso la Piattaforma GePI, permette ai Comuni di consultare i dati sui titoli di studio e sulla frequenza scolastica forniti dal Ministero dell’istruzione attraverso l’Anagrafe Nazionale dell’Istruzione (ANIST) sulla piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND).
Se dopo la verifica si riscontra la mancata frequenza scolastica, i servizi sociali chiederanno ai genitori (o a chi esercita la potestà genitoriale) di presentare la documentazione necessaria a provarla, entro 10 giorni. Nel caso in cui il ragazzo o la ragazza non vadano a scuola, l’operatore dei servizi sociali inserisce nel Patto di inclusione sociale una specifica condizione che impegna i genitori a far riprendere ai figli la scuola nel più breve tempo possibile.
Ma, se entro 7 giorni dalla firma del patto il minore non riprende a frequentare la scuola, avverrà la revoca del pagamento dell’Assegno di inclusione. I pagamenti riprenderanno solo dopo l’accertamento della regolare frequenza scolastica. A questo proposito, i servizi sociali verificheranno mensilmente che i genitori rispettino l’impegno di far riprendere la scuola ai propri figli, pena la decadenza del beneficio.