IN NOME DELL’AMBIENTALISMO RADICAL CHIC – Stanno facendo assai discutere le dichiarazioni recentemente rilasciate a Radio 1 da Angelo Bonelli, esponente di punta della sinistra fucsia liberal progressista. “Niente aria condizionata e docce brevi, lo spreco è odioso e dal 2025 non ho un’auto”, ha affermato Bonelli.
Le sue parole sembrano in realtà ricalcare fedelmente quelle pronunciate tempo fa da Fulco Pratesi, storico direttore del WWF. “Niente docce, lo sciacquone non lo tiro ogni volta, cambio le mutande ogni 2 giorni“.
Bonelli, il peggior ambientalismo possibile
Si tratta, va sottolineato, del peggior ambientalismo possibile: quello che pretende che i problemi sistemici della devastazione capitalistica dell’ambiente e della natura possano essere risolti interamente dai singoli individui, senza ovviamente modificare di una virgola il modo della produzione in quanto tale.
Già Marx, nell’Ottocento, si era espresso contro una prospettiva di questo genere, ben sapendo che il sistema capitalistico, in quanto tale, è incompatibile con la sopravvivenza dell’ecosistema.
Crescita infinita e incompatibilità ecologica
La furia della crescita infinita rende infatti il capitalismo il primo modo di produzione incapace strutturalmente di trovare un equilibrio di ricambio organico con la natura. Esso mette a repentaglio la sopravvivenza della natura stessa, proprio per la sua logica interna.
Come non mi stanco di ripetere ad nauseam sulle orme di Marx, il vero ambientalismo coincide con l’anticapitalismo. È esattamente l’opposto dell’odierno ambientalismo neoliberale politicamente corretto.
Il greenwashing del potere
Questo nuovo ambientalismo mira a scaricare le colpe del sistema e delle sue classi dominanti sui singoli individui. Sono proprio questi ultimi a subire la devastazione ambientale – e che, paradossalmente, si pretende debbano poi provvedere da soli a fermarla, modificando radicalmente il loro stile di vita.
Oltre a essere tecnicamente una sciocchezza, questa posizione è anche estremamente pericolosa. Su di essa può infatti innestarsi il Leviatano verde dell’ordine capitalistico.
Ambientalismo-Bonelli | Il “Leviatano verde” e il business ecologico
Questo Leviatano verde, con la scusa della lotta al cambiamento climatico e della tutela ambientale, può imporre alla società modificazioni radicali nel modo di vita. Modificazioni che, in teoria, sembrano pensate per proteggere l’ambiente, ma che in concreto servono puntualmente a tutelare il big business verde.
Il verde della green economy, infatti, non è quello della natura, ma quello dei dollari.
Bonelli e Pratesi, probabilmente senza accorgersene, finiscono così per sostenere una narrazione surreale, pienamente funzionale all’ordine capitalistico, capace perfino di trasformare le sue tragedie ambientali in nuove occasioni di profitto.