Bersani sgretola la sinistra con il mea culpa che non ti aspetti

Il mea culpa di Bersani e il sospetto della continuità

In una recente intervista apparsa su Il Manifesto, lo storico esponente della sinistra liberale Pierluigi Bersani, già fautore a suo tempo delle liberalizzazioni coatte, ha espresso una considerazione programmatica che merita di essere commentata, sia pure celermente. Queste le sue parole: “Abbiamo fatto cose disdicevoli ma ora ripartiamo.”
Ebbene, così parlò non lo Zaratustra di Nietzsche, ma lo storico esponente della sinistra fucsia liberal-progressista. A dire il vero, la frase di Bersani, letta in trasparenza, suona quasi come una minaccia, che così potrebbe essere intesa: “Abbiamo fatto cose disdicevoli e ora siamo pronti a farne anche di peggiori.”

Destra e sinistra: le braccia del potere capitalista

Nel tempo dell’alternanza senza alternativa e dell’omogeneità bipolare di una destra e di una sinistra che figurano come le due braccia terrifiche del partito unico fintamente articolato del capitale, non dobbiamo dimenticare che la dominazione capitalistica, almeno dagli anni ’90 a oggi, si è affermata grazie a entrambe le parti. Destra e sinistra si sono infatti contese il ruolo di esecutori zelanti degli ordini della classe dominante transnazionale. Una realtà piena di paradossi, ormai sotto gli occhi di tutti — a meno di non voler fare come lo struzzo, che nasconde la testa sotto la sabbia per non vedere.
È la sinistra che ha istituito l’orrendo Jobs Act, misura che ha precarizzato barbaramente il mondo del lavoro. E oggi, paradossalmente, la stessa sinistra, quando si trova all’opposizione, afferma di voler abolire proprio il Jobs Act da essa stessa introdotto.

Il gioco delle tre carte della politica

Per parte sua, la destra, che a suo tempo criticava aspramente il Jobs Act, ora che è al governo non ne parla più. Si tratta di una sorta di gioco delle tre carte applicato alla politica, sempre più ridotta a mera continuazione dell’economia capitalistica con altri mezzi. Ricordiamo che Bersani fu protagonista delle liberalizzazioni in Italia, un indirizzo perfettamente inserito nel quadro dell’ordine neoliberale e della sua trasformazione alchemica dei diritti, delle merci e dei beni comuni in servizi privati.

Sinistra e destra: maggiordomi del capitale

Certo, è degno di lode che Bersani oggi riconosca che la sua parte politica ha fatto cose disdicevoli. Ma siamo convinti che continuerà a farle, avendo integralmente introiettato la visione capitalistica del mondo, per cui non esiste altra realtà possibile se non quella del mercato eretto a unica sorgente di senso. There is no alternative, recita il ritornello univoco del neoliberismo.
Mark Fisher ha chiamato questo fenomeno realismo capitalista: l’idea che non vi sia nessuna realtà possibile al di fuori del capitalismo. L’anticapitalismo della vecchia sinistra rossa della falce e martello è stato spodestato dallo sceno ultracapitalismo della New Left arcobaleno, oggi ridotta a semplice guardia fucsia dell’ordine dominante. Che la destra sia organica al potere dominante non è certo una novità.

Lo è invece il fatto che lo sia anche la sinistra, un tempo rappresentante delle istanze di trasformazione e opposizione, oggi ugualmente organica al potere. Come non mi stanco di ribadire ad abundantiam, nel tempo del turbo-capitalismo sans frontières, destra e sinistra sono simili a due maggiordomi, con livree di colore diverso, ma entrambi piegati alla volontà del padrone capitalistico, da cui ricevono con solerzia e zelo i loro ordini.

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