Dietrofront clamoroso sulle norme liberticide green: a rischio l’ennesima filippica UE

Il Sole 24 Ore ha recentemente dato voce alle richieste delle grandi aziende: rinviare, cioè, di due anni, l’obbligo di rendicontazione ESG, che significa Environment, Social and Governance, per le imprese non quotate; eliminarlo per le piccole e medie imprese quotate; bloccare la direttiva sulla due diligence di sostenibilità.

Insomma, si tratta di un cambio di rotta clamoroso, dopo mesi in cui le stesse associazioni di categoria, Confindustria, Assonime, il Consiglio Nazionale dei Commercialisti, lodavano il modello ESG come una opportunità di business. Ora si ammette invece che questi obblighi sarebbero inutili, costosi, pericolosi, con standard di rendicontazione troppo discrezionali e soprattutto difficili da applicare. Nel 2023, mentre il governo italiano recepiva la direttiva, le stesse organizzazioni pubblicavano delle linee guida per le imprese, esaltando i vantaggi della sostenibilità. Oggi invece il Presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti ed esperti contabili, Elbano De Nuccio, denuncia la mancanza di chiarezza e comparabilità dei bilanci ESG.

Un dietrofront palese ma senza ammissione di colpa

Per mesi si è sostenuto un modello imposto dall’ideologia cosiddetta “Green”, salvo poi accorgersi da parte di molti commentatori che era impraticabile. Ora si cerca di smaltirlo tra i rifiuti, ma senza scuse per chi nel passato ne ha imposto l’adozione.

Come sapete io da anni sono critico su queste materie ritenendo che l’impresa debba avere un cosiddetto “shareholder approach” che significa l’attenzione principale deve essere nei confronti degli imprenditori. Con questo ho una posizione di parte, che è una parte non di maggioranza, anzi di netta minoranza oggi, in cui per tanti anni invece si è andati dalla parte opposta, cioè verso gli “stakeholder approach“. Io credo che sia il momento di un ribilanciamento. Stakeholder approach sarebbe l’interesse collettivo, ma ci si dimentica che l’impresa deve prima di tutto produrre gli utili, dare posti di lavoro agli imprenditori – i quali hanno delle famiglie perché in Italia siamo in un family business – ai dipendenti che lavorano in quelle aziende ai quali normalmente per l’esperienza gli imprenditori sono legati e poi ai clienti, ai fornitori. Questo è il mondo dell’impresa stretto il resto diventa costoso, difficile, burocratico da gestire.

Malvezzi Quotidiani – L’economia umanistica spiegata bene con Valerio Malvezzi