Crolla l’equivoco su Almasri: “Ecco le vere motivazioni della Corte Penale Internazionale”

Negli ultimi giorni si è parlato molto della cattura di Mahmoud Almasri, noto generale libico accusato di crimini efferati, tra cui torture e violazioni dei diritti umani. Un evento che però non ha alcun legame diretto con l’aumento degli sbarchi di migranti sulle coste italiane. Le due questioni, pur entrambe legate al contesto libico, si muovono su binari completamente separati.
Qualcuno non la pensa così. Nei giorni scorsi, Monsignor Gian Carlo Perego, presidente della fondazione “Migrantes”, ha definito il rilascio del criminale libico un segnale di “connivenza” tra Italia e Libia per la gestione migratoria, sacrificando la dignità umana.

Almasri è certamente una figura controversa nel panorama libico, ma il suo nome non è mai stato associato alle reti criminali che gestiscono il traffico di esseri umani. Le accuse mosse contro di lui lo vedono imputato di crimini di guerra e abusi commessi durante i conflitti interni in Libia. Le milizie sotto il suo controllo operano in un contesto diverso rispetto alle organizzazioni che gestiscono le partenze dei migranti verso l’Europa.
Le reti di trafficanti sono attive soprattutto nelle regioni costiere, dove Almasri non esercita alcuna influenza diretta. A confermarlo sono anche rapporti riservati delle autorità europee, che monitorano da anni i flussi migratori dalla Libia.

L’incremento degli arrivi di migranti registrato a gennaio 2025 è legato a fattori ben noti: le condizioni climatiche favorevoli e le tensioni tra milizie locali. In particolare, i conflitti interni in alcune zone della Libia hanno spinto molte persone a cercare disperatamente una via di fuga, approfittando del mare calmo per tentare la traversata verso l’Italia.
Cosa cambia quindi nel dibattito politico italiano? Resta l’indagine nei confronti di Giorgia Meloni e altri ministri da parte della CPI e della magistratura italiana, ma cambia la luce sotto la quale il governo ha consegnato Almasri alla Libia, e non alla giustizia internazionale.

Fare altrimenti avrebbe rappresentato un atto ostile nei confronti della Libia? Lo abbiamo chiesto al giornalista del Tempo Dario Martini.
Ascolta l’approfondimento VIDEO a ‘Lavori in Corso’ | 5 febbraio 2025