Una Fiorentina al punto ideale di cottura, nel primo tempo, contro un’Atalanta che, se non subisce la Viola, è costretta però a gestirne i tempi di gioco, per non subirli del tutto. Il gol di Mandragora, esecuzione d’esterno collo di altri tempi, è uno di quei capolavori balistici che trovano la piena realizzazione quando coordinazione e punto d’impatto del piede non ammettono alcun millimetro di scarto.

Gasperini per la ripresa aumenta peso e trazione offensiva, con Ederson e Scamacca; ci si diverte, al “Franchi”, per ritmi, intensità e perché per ogni occasione prodotta dalla Dea ne fioriscono un paio gigliate: ottimo Terracciano, eccellente Carnesecchi, per reattività e anche per estetica, quanto a interventi tra i pali.

Spesso Belotti apre per i compagni quei varchi nel mezzo dei quali tenta di infilarsi per ricevere palloni di ritorno; i bergamaschi si rannicchiano nella loro metà campo per opporre densità e, all’occorrenza, cercare di ripartire a elastico.

Scruta più d’un orizzonte, in tribuna, Luciano Spalletti, anche quando sembra rimirare il vuoto.

Con la Dea che alza il baricentro nel finale, aumentano anche i falli tattici della mediana viola, che si danna l’anima per tagliare i rifornimenti a uno Scamacca famelico, che sente gli occhi del CT addosso e che sa di dover rialzare le proprie quotazioni in azzurro. Invece del gol, trova però il giallo per un’entrataccia su Milenkovic.

Alla fine la prima semifinale se l’aggiudica, diremmo anche ai punti, una Fiorentina di lotta e di governo, senza amnesie stavolta. Il risultato dice che a Bergamo farà caldissimo, al ritorno.

Paolo Marcacci