Le scelte dell’Europa: 50 miliardi per l’Ucraina, nulla agli agricoltori

L’Unione Europea, a quanto pare, è sempre capace di fare la cosa sbagliata nel momento sbagliato. Pensate che ieri, mentre gli agricoltori europei portavano i loro trattori fuori la sede del Parlamento europeo di Bruxelles, in quel momento di forte tensione, il Presidente del Consiglio europeo invece di emettere un comunicato in favore della categoria in protesta, invece di accogliere una delegazione per ascoltare le loro istanze, ha fatto sapere che l’Unione europea ha appena stanziato altri 50 miliardi di euro per l’Ucraina.

Un tempismo perfetto. Ora qualcuno potrebbe obiettare affermando che però l’Ucraina è una cosa e gli agricoltori sono un’altra. Le due situazioni sono diverse? Assolutamente non è così.

Le due cose sono più interconnesse di quanto si possa immaginare. Addirittura l’ISPI soltanto qualche settimana fa ha pubblicato un grafico dal quale si evince che l’ipotetica entrata dell’Ucraina nell’Unione Europea costerebbe agli agricoltori italiani quasi 10 miliardi. Poi c’è da dire anche che con lo scoppio della guerra l’Unione Europea ha permesso all’Ucraina di esportare il proprio grano nel mercato europeo e ovviamente il grano ucraino a basso costo è un problema enorme per gli agricoltori italiani.

Quindi le due cose sono assolutamente interconnesse. Ma ci rendiamo conto che il PNRR altro non è che una sorta di PAC?

Il piano agricolo comunitario, quando è nato, è nato esattamente con la stessa idea del PNRR, ossia dare dei soldi a delle categorie per fare in modo che possano investire per rilanciare interi comparti, nel caso del PAC si trattava ovviamente del comparto dell’agricoltura. Però che cosa hanno fatto subito dopo? Dopo aver fatto abituare gli agricoltori a ricevere quei fondi? Dopo aver fatto investire gli agricoltori? Dopo aver fatto in modo che gli agricoltori contassero sempre su quel tipo di fondi? Improvvisamente li hanno stoppati e li hanno subordinati a delle assurde condizionalità.

Oggi per gli agricoltori quei sussidi non sono più diretti ma devono sottostare a condizionalità che rendono assolutamente impraticabile la loro attività. Ora ci vuole tanto a capire che il PNRR seguirà esattamente lo stesso iter?

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