Poco bella in una partita che lo è ancora meno, se è vero come è vero che a vivacizzarla sono più che altro gli errori, una Juventus spartana e votata alla realpolitik di una gestione sorniona dei ritmi e della palla, chiude esibendo una razionale intensità nella gestione di un vantaggio arrivato episodicamente per come è andata dentro la palla della conclusione di Locatelli, ma potremmo dire anche conseguentemente allo sgretolarsi delle convinzioni milaniste: gli uomini di Pioli, avvolgendola in un finale in cui profondono un’affannosa intensità, fanno un favore a una Juventus che si proietta in alto con una prestazione da sufficienza piena ma non brillante, il che in un ragionamento a lunga gittata può anche essere confortante. Il finale dei bianconeri è votato a un contenimento che schiude la vista al panorama degli ipotetici spazi. Gli aggettivi che accompagnano le vittorie di Allegri sono e saranno i soliti, con il sovrappiù degli errori del Milan nel primo tempo: l’occasionissima di Giroud prima, la scellerata espulsione (soprattutto quella, ovvio) di Thiaw dopo. Del resto, è con il cinismo che si porta a casa il pane quando non si è belli e neppure ricchi come un tempo.

La partita lascia su entrambe le sponde dei differenti interrogativi: al Milan circa le individualità e il loro reale impatto sulle partite, alla Juventus circa l’ottimizzazione delle risorse tecniche per aumentare le chance verso ciò che i bianconeri, Allegri in testa, non vogliono nominare.