“Non ci riprenderemo”, l’analisi shock sulla natalità dello statista Volpi ▷ “Il destino dell’Italia è compromesso”

Natalità al minimo storico in Italia.
Si parla di assegno unico, detrazione fiscale e similari: è il grande tema che viene trattato in questi giorni, soprattutto in relazione alle parole del Ministro Lollobrigida riguardo ad una presunta “sostituzione etnica” che starebbe avvenendo a discapito degli italiani, motivo di accese polemiche. Salvini e la Lega prendono le distanze da queste frasi che mediaticamente sono state interpretate come sinonimo di razzismo. Nonostante le polemiche possiamo affermare però che il problema della natalità esiste davvero. Quasi tutte le prime pagine dei giornali (Il Giornale ecc.) danno conto di una proposta da parte del Ministro Giorgetti chiamato “reddito di gravidanza”.
In diretta il maggior esperto italiano del tema e statistico Roberto Volpi, autore del libro edito da Solferino “Gli ultimi italiani” che, intervistato da Francesco Borgonovo, parla di una possibile estinzione degli italiani.

“Se proiettassimo le tendenze attuali in un futuro possiamo mettere in conto questa possibilità dell’estinzione.
Anche se l’Italia arriverà, nel giro di 50 anni, se non si prendono misure immediate, ad avere non soltanto un numero di abitanti ridotto rispetto ad oggi e molto più vecchia ma il 38% di ultrasessantacinquenni ogni 100 abitanti.
Una proporzione di anziani che sarà difficile tenere.
Ma anche una popolazione estremamente meno capace di fare figli.
Abbiamo di fronte un destino estremamente compromesso”.

C’è chi ripone speranza anche nei migranti, per così dire.
Volpi analizza così la situazione: “Il problema della migrazione in Italia ha due aspetti: da un lato la migrazione è indispensabile perché sono una componente di questa ripresa, dall’altro non risolve però i problemi.
Noi non ci riprenderemo per un motivo strutturale che si è creato nel tempo: abbiamo una popolazione femminile in età feconda, cioè tra i 15 e i 49 anni, molto ridotta.
Ed ecco che viene al nodo la denatalità.

Oltre che per motivi economici, ce ne sono anche di culturali.
Da almeno tre decenni c’è una forte spinta individualistica, c’è una ricerca del successo individuale, per se stessi.
E non si appoggia più ai figli, alla famiglia, alla coppia. La Chiesa si scaglia molto su questo ma la questione è che i tempi sono molto ritardati a cui un individuo arriva a ricercare se stesso. Si ritrova poi ad uscire tardi dall’ambiente scolastico/universitario ritrovandosi poi in un mercato del lavoro che non ha le condizioni migliori per accettare i giovani.
Il punto non è scagliarsi contro l’individualismo ma fare in modo che quest’ultimo possa conseguire i suoi obiettivi in tempi ravvicinati in modo che possa volgersi alla famiglia e ai figli. Abbiamo un sistema formativo sbagliato e lunghissimo”.