Il rotocalco turbomondialista, voce del padronato cosmopolitico, “La Repubblica”, nonché punto di riferimento per moltissimi subalterni semicolti ci regala una nuova categoria della neolingua: è la categoria dei negazionisti climatici.
Categoria che qualche giorno addietro compariva a caratteri cubitali in un articolo del rotocalco turbomondialista.
Una categoria che in verità viene usata già da tempo con un obiettivo chiarissimo, un obiettivo perfettamente in linea con lo stile narrativo, lo storytelling, direbbero gli anglofoni, di completamento del Nuovo Ordine Mondiale.
L’obiettivo a cui sto facendo riferimento può essere cristallizzato nel modo che segue: chiunque non si allinei con le posizioni dell’ambientalismo neoliberale e della Green economy di completamento del nuovo ordine egemonico verrà ipso facto demonizzato, ostracizzato e financo diffamato con la categoria di “negazionista climatico”.
Ecco quindi che è stata confezionata una nuova categoria chiave della neolingua padronale.
Questa, lo sappiamo, è il modo con cui l’ordine dominante ci domina, anche nel modo di parlare.
Stante il fatto che il modo in cui parliamo è anche il modo in cui pensiamo.
La neolingua “orwelliana” oggi ha come obiettivo fondamentale quello di negare la possibilità stessa della possibilità di pensare, negare l’idea stessa, che si diano altri modi di interpretare la realtà.
Siffatti modi, quali che siano, vengono a priori delegittimati con categoria della neolingua che li destrutturano, li delegittimano, li caratterizzano in modo inaccettabile, mediante, appunto, categoria della neolingua come quella di negazionista climatico, categoria che sostanzialmente, colpisce chiunque non accetti supinamente la narrativa egemonica sulla questione climatica, vale a dire la narrazione egemonica che impiega il problema ambientale come fonte rinnovabile di business per i gruppi dominanti.
Rimuovendo chiaramente la declinazione anticapitalistica dell’ambientalismo.
Insomma, come non ci stancheremo di sottolineare l’obiettivo del padronato neoliberale senza frontiere appare strettamente duplice.
In primis, trasformare anche la questione ambientale in fenomeno di profitto per i gruppi dominanti mediante la Green Economy, ossia il ritinteggiare di verde il profitto capitalistico.
In secondo luogo, in maniera convergente, sottrarre in forma preventiva al problema della distruzione capitalistica dell’ambiente, alla possibile lotta anticapitalistica.
Vale a dire a un serio ambientalismo che proponga un mutamento di modello di sviluppo.
Il vero ambientalismo, infatti, come non ci stancheremo di ribadire, è necessariamente l’anticapitalismo.
Senza questo, l’ambientalismo decade a semplice prassi neoliberale a semplice fonte di business, a semplice riorganizzazione dello spazio dominante mediante categorie che lo amministrino e lo gestiscano in direzione univocamente volta a rinsaldare l’ordine dominante in quanto tale.
Radioattività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro