Un Brasile solo apparentemente dominante, una Croazia non soltanto remissiva: alla pressione di Neymar e compagni ha fatto da contraltare, fino all’appendice dei supplementari, l’essenzialità del fraseggio dei balcanici, la loro qualità nella gestione del pallone anche quando dovevano disfarsene con un solo tocco. Non scopriamo oggi la qualità di Modrić e compagni. 

Certamente, un alleato nello “zero” dei gol presi dai croati fino al minuto 105 è stato il portiere Livaković, perché lo stato di forma dell’estremo difensore della Dinamo Zagabria ha protetto in più di un’occasione le chance della Nazionale guidata da CT Dalić.

Nei tempi supplementari, è affiorata la sensazione che i biancorossi atleticamente avessero una riserva maggiore rispetto ai brasiliani, come dimostra una spettacolare percussione di Perisic verso la fine del primo tempo addizionale, sprecata da Brozovic, quando per vie centrali i verdeoro sviluppano un’azione che poi Neymar caratterizza prima come sponda, poi come finalizzazione dopo il dribbling decisivo. 

L’ultimo quarto d’ora, con l’orgoglio croato ancora acceso, sembra servire soltanto ad aumentare il rimpianto che alle folate di Perisic e ai tanti palloni serviti in mezzo non abbia corrisposto una finalizzazione di qualità. Brasile in semifinale? No, non ancora perlomeno, perché al minuto 117 Modric detta la via dell’azione che da sinistra porta al pareggio del subentrato Bruno Petković. 

La parte più bella sono stati i supplementari, questo è un primo verdetto. 

Finisce provandoci, la banda Modric, poi giungono i rigori. E? E i guanti di Livaković strozzano il canto della torcida: evapora la più accreditata delle favorite, avanza la Croazia, che se avesse il centravanti sarebbe il Brasile. 

Paolo Marcacci