Uno indagato per finanziamento illecito nella campagna elettorale 2017/22, l’altro non indagato né raggiunto da avvisi di garanzia, ma sommerso da una vicenda che lo coinvolge politicamente.
Macron e Soumahoro però una cosa in comune la hanno, secondo Gianluigi Paragone: si fregiano entrambi di far parte della parte buona della storia, dei deboli, degli indifesi. Allora la questione non è più parlare di colpevolezza, perché la presunzione di innocenza è un elemento cardine del nostro sistema giuridico, ma un tipo di racconto tutto focalizzato su di sé come immagine immacolata della parte giusta del mondo, costa. E costa caro.

Questo perché ergersi a difensori degli ultimi è lecito e giusto, ma poi la questione vera è che devi essere inattaccabile. Non sappiamo se il presidente francese e il deputato autosospesosi dal suo partito dimostreranno la loro innocenza (o quella dei familiari) davanti ai magistrati. Possiamo augurarcelo, visto che l’accusa di aver assegnato importi pubblici alla società americana McKinsey per cifre colossali insieme a quella di decine di migliaia di euro non erogate regolarmente ai lavoratori della cooperativa della propria moglie sono macchie enormi da ripulire. Certo è che chiunque fa politica sa che vendersi in un certo modo ha un determinato prezzo. E può essere vertiginoso.

Il commento di Gianluigi Paragone.