In questa campagna elettorale abbiamo notato come i partiti siano rappresentati diversamente. Tra i grandi partiti e quelli più piccoli c’è una notevole differenza in fatto di esposizione mediatica. Uno dei protagonisti di questa campagna che sta godendo meno della visibilità mediatica è il partito Italexit.

Il prof. Alberto Contri, esperto di comunicazione, porta l’attenzione sul fatto che “di tutti i piccoli partiti del dissenso – che hanno fatto un miracolo perché hanno 60000 firme in 20 giorni – non si dice una parola. Tutti i media mainstream parlano sempre e solo dei sondaggi, che tra l’altro sono ampiamente gonfiati o sgonfiati a seconda, e di questa enorme partecipazione. Io credo che avranno delle sorprese, lo spero. Avete visto cosa è successo in Norvegia? A forza di raccontare frottole un partito di estrema destra ha raggiunto oltre il 20%. Diceva Václav Havel, non puoi andare troppo a lungo e troppo impunemente contro la verità. Si sta creando un passaparola oramai, quindi attenzione che avremo delle soprese”.

C’è un problema nell’ambito della comunicazione quindi e secondo il Prof. Giovanni Frajese il problema è che “ormai siamo abituati al fatto che esiste un’unica realtà, un’unica verità che viene rappresentata in continuazione finché non ti entra nella coscienza e diventa la tua verità. Un ‘monopensiero’ inculcato a furia di ripeterlo. Queste sono vecchie tecniche psicologiche. La realtà non importa quale sia o quanto tu sia in grado di decifrarla, l’importante è che tu sia in grado di ripeterla abbastanza volte e qualunque cosa, anche la più grande delle menzogne, diventa una verità credibile”.

Niente a che vedere con il vecchio giornalismo, che cercava la verità e la trasparenza sopra ogni cosa. A questo proposito, il candidato di Italexit, porta un esempio: quello dell’inchiesta che portò alle dimissioni di Richard Nixon. “Io mi ricordo che nel 1972 ci fu il Watergate, che ormai la gente avrà dimenticato completamente, e anche guardando i film che hanno fatto dopo hai la percezione di cosa fosse il lavoro del giornalista: una persona interessata alla verità e alla trasparenza che indagava in modo indipendente per riuscire a dare la notizia. Come abbiamo visto questo è arrivato a far cadere un presidente americano”.

Oggi se qualcuno provasse a fare qualcosa come il Watergate probabilmente finirebbe in galera dopo poco come un diffusore di fake news. Di fatto stiamo vedendo una comunicazione che di democratico non ha nulla. Il fatto che, ad esempio, ghettizzano determinate realtà è normale, perché è il riflesso di ciò che stiamo vivendo. Quello che è preoccupante è che la gente non comprenda che questa ‘monoinformazione’ è un sintomo che oramai la democrazia non esiste più. In ogni caso in questi giorni quello che sto vedendo è il calore della gente che comunque ha voglia di respirare, ha voglia di vedere qualche cosa di differente, ha voglia di vedere se è possibile un domani diverso. Se abbiamo una speranza, penso che si vedrà dalla volontà delle persone di riprendersi il controllo, per quanto sia possibile, di ciò che sta accadendo. E questo può avvenire solo con le elezioni”.

Questo problema non lo abbiamo solo noi, lo hanno anche negli altri paesi. I gruppi internazionali che controllano l’informazione tendono a controllarla a livello globale. Perché se lasci dei posti dove l’informazione è più libera, quell’informazione, con la tecnologia di oggi può arrivare alle altre persone e rompere l’incanto, diciamo, della realtà che vien costruita.