Mi trovo a Verona con Andrea, uno di quelli che ‘non molla mai’, uno degli amici di Stefano Puzzer, uno dei nostri amici. Andrea è con noi nel fare questa sfida apparentemente impossibile e che vorrebbero che noi non vincessimo, ma che invece vinceremo. Mi dice che le persone sono entusiaste, anche se con questa democrazia prendere le firme in agosto non è facile, ma che loro ci sono perché davvero la gente come loro non molla mai.

Io ringrazio Andrea, Franco e Stefano perché in queste giornate, guarda caso dopo che hanno annunciato la loro candidatura, gliene hanno dette di ogni, e questo capita esattamente in ogni dinamica di conflitto costruito da qualcuno. Noi abbiamo vissuto tanti mesi a vederci appiccicate le peggiori etichette, ora tocca a loro: non bastano le etichette che già erano state appiccicate un po’ a tutti.

Io lo voglio raccontare per l’ennesima volta: non è stato facile convincere Andrea, Stefano e Franco perché – non voglio apparire spigoloso – ma convincere un portuale non è così facile, e io penso che se avessi dovuto dire soltanto della candidatura, non saremmo arrivati da nessuna parte. Anzi, devo dire che forse la proposta di candidatura è stata l’ultima delle questioni di cui abbiamo parlato. La parola chiave è stata la testimonianza: ognuno qua – penso a Vanni Frajese, a Raffaella Regoli (una giornalista Mediaset sospesa perché non si è vaccinata oltre i 50 anni), a Lina Manuali (il giudice monocratico di Pisa, che ha emesso la prima decisione di illegittimità sui DPCM di Conte, quello stesso Conte fa lo gnorri, come se lui non c’entrasse nulla) – ha una storia, una testimonianza.

La politica, come la intendiamo noi, è la testimonianza: ci si candida – e si spera di arrivare in Parlamento – perché si deve portare quella testimonianza nei luoghi dove certe decisioni sono state prese, perché se tu non li conosci quei problemi, è impossibile che poi tu li possa affrontare. Io penso che Andrea, Franco e Stefano non soltanto ci daranno una mano sul discorso delle violazioni del lavoro, ma anche di quella particolare questione legata ai lavoratori delle zone portuali. Anche perché Andrea, come mi racconta, è stato licenziato ingiustamente, così come Stefano: proprio oggi, mi dice che hanno saputo di un altro ragazzo di ventitré anni del porto di Trieste che si è fatto male, e che di nuovo mettiamo il profitto davanti alle persone e ai diritti.

E la decisione politica, per loro, è stato un modo per metterci di nuovo la faccia perché la via istituzionale forse è quella giusta, forse – dicono – permetterà loro di arrivare dove non sono arrivati con le piazze. Vedete come il racconto di Andrea, di Stefano e di Franco è un racconto di diritti violati, così come il racconto dei medici e degli insegnanti sospesi: sembra quasi che il lavoratore sia un cittadino ingombrante, soprattutto quelli che non piegano la testa. Siamo nella fase in cui hanno controllato coloro che rivendicano e lottano per i diritti perché la tendenza sarà quella di sostituire progressivamente i lavoratori: il disegno (da qui il 5G) è di sostituire i lavoratori con gli algoritmi, l’intelligenza artificiale e le macchine.

Se questa è la loro tendenza – che tra l’altro è dentro il PNRR – penso che una forza di conservazione, come noi siamo, serva, ma serva per queste battaglie: tutto quello che stiamo proponendo non ha una visione limitata soltanto alla proiezione della piazza in Parlamento, è cercare di far capire alle persone che stanno cancellando i cittadini, le libertà, i diritti. Vedete come non si parla più del Progetto Colao? Il Progetto Colao è un’infamità incredibile: attraverso la digitalizzazione continua, il 5G e poi, quando non basterà, l’upgrade del 5G, sarà sempre un mondo che scivolerà verso l’umiliazione dei lavoratori: i lavoratori servono soltanto se sono disposti a sottomettersi, a umiliarsi. Ma nella Costituzione non c’è la parola ‘umiliazione’, c’è la parola ‘dignità’, sottolineata mille volte: ecco perché è importante la loro testimonianza, così come quella degli insegnanti e dei medici sospesi.

La Pietra di Paragone