Secondo uno studio pubblicato su Nature, una guerra nucleare tra Stati Uniti e Russia causerebbe 5 miliardi di morti, a causa delle carestie che ne seguirebbero. C’è chi, però, non è del tutto convinto dalla ricerca, come Gregory Alegi, Docente di Storia e Politica USA dell’Università LUISS di Roma: La spettacolarizzazione dei dati di ricerca per fare audience mi lascia sempre qualche dubbio. Leggendo lo studio, se ne capiscono i limiti. La parte interessante e innovativa è un modello nuovo di studio di come si distribuirebbero queste polveri degli scoppi, e quindi di come andrebbero in qualche modo a intercettare, bloccare e diminuire la potenza dei raggi del sole. Su questo hanno innestato delle valutazioni delle guerre riprese da altri studi anche di vent’anni fa e hanno trascurato tutti gli aspetti non climatici. Che la guerra atomica sia brutta lo sappiamo da tanto tempo, quindi questo allarme da parte dell’Ufficio Stampa di Nature mi sembra un po’ cinico.

Un cinismo che, secondo il Docente, si accompagna anche a una leggerezza disarmante: “Durante la fase acuta della Guerra Fredda, quella della risposta massiccia, la fine del mondo era ciò che preveniva la guerra e nessuno schieramento voleva prendersi la responsabilità di far finire la civiltà e il genere umano. Questa cultura si è un po’ persa: finita la Guerra Fredda, anche nella sua versione più leggera, con la caduta del Muro di Berlino, abbiamo dimenticato queste cautele e c’è chi ne parla con grande leggerezza. Addirittura, minacciare il ricorso all’arma atomica per la proposta di bloccare tutti i visti ai cittadini russi francamente è sconcertante, è qualcosa che ai tempi della vera Guerra Fredda nessuno avrebbe mai immaginato proprio perché consapevole del potere distruttivo tremendo di quest’arma”.

A preoccupare, in questo periodo, non è solamente lo scoppio di un ordigno nucleare, ma anche la possibile dispersione di materiale radioattivo dalle numerose centrali presenti in territorio ucraino (non solo la ben nota Zaporizhzhia): “La bomba sporca è la distribuzione di materiale radioattivo senza l’esplosione, non ci sarebbe un ground zero, un cerchio in cui tutto è distrutto, però il materiale radioattivo si disperderebbe e farebbe ugualmente molti danni. Aggiungo che i danni causati dalla radioattività (ad esempio la sterilizzazione di aree agricole) non vengono considerati dallo studio di Nature: si considera solo che rimanendo pari la superficie coltivabile, riceverebbe meno sole e renderebbe di meno. La vera domanda è: ma quanta superficie resterebbe coltivabile? Aspetto che lo studio non tocca. Non è stato fatto, quindi, uno studio a 360 gradi sulla guerra. In ogni caso, l’arma atomica è una di quelle cose talmente terribili che più se ne parla, meno si fa”.

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