Leggo in queste ore di una forza politica dell’area detta genericamente ‘del dissenso‘ che si è all’ultimo tirata indietro, dacché nell’alleanza ha ritenuto di individuare presenze fasciste. Sarebbe difficile, invero, trattenere il sorriso se solo la situazione non fosse così disperata e disperante nel Paese. Se realmente quella fosse la ragione, vale a dire la presenza di forze fasciste, poco tempestiva sarebbe oltretutto la scelta di suddetta forza di abbandonare il campo. A ogni modo, mi sia consentita soltanto una telegrafica considerazione su un tema che mi è particolarmente caro già da tempo, ossia l’antifascismo in assenza di fascismo come protesi di consenso della civiltà neo-liberale del partito unico liberista: fucsia se a sinistra, bluette se a destra. Ai tempi di Gramsci o di Gobetti, l’antifascismo era sacrosanto, infatti il fascismo esisteva ed era il nemico principale. Oggi, l’antifascismo in assenza di fascismo è ridicolo. Di più, è imperdonabile. E questo anche in ragione del fatto che i cosiddetti ‘neo-fascisti’ sono soltanto tribù liturgiche folkloriche irrilevanti, buone solo a riconfermare la tesi neo-liberale del pericolo fascista permanente, magari spaccando stoltamente qualche vetrina ampiamente assicurata (è successo anche questo) con il nullaosta delle centrali del potere neo-liberale. Insomma, i neo-fascisti svolgono la parte di pedine (inconsapevoli forse?) dell’ordine neo-liberale. E ciò come, in tutt’altro contesto e per fortuna in forme pacifiche e inoffensive, i bonari neo-comunisti che vengono esibiti su Rete 4, a mo’ di specie in via di estinzione come i panda, invitati giusto per permettere di sopravvivere alla narrazione berlusconiana, secondo cui i comunisti esistono ancora e sono la fonte di ogni male.

Funzionale al potere del neo-capitalismo, l’antifascismo in assenza di fascismo serve unicamente a riallineare l’opinione pubblica in funzione neo-liberale: in sostanza, serve a garantire che regnino sovranamente i banchieri (come Draghi in Italia o Macron in Francia), non fascisti e dunque preferibili, per definizione, in quanto meno peggio. E tutto questo avviene mentre i capponi contemporanei, come quelli di Renzo, si beccano impietosamente tra loro, anziché creare un fronte coeso contro chi li sta portando in pentola. Da parecchi lustri, la Sinistrash fucsia sceglie la via dell’antifascismo in assenza di fascismo, e lo fa per evitare accuratamente la via dell’anti-capitalismo in presenza di capitalismo. Per questo motivo ripeto da tempo che condizione essenziale è il superamento della dicotomia Destra-Sinistra e poi anche delle sue varianti: antifascismo di Sinistra e anticomunismo di Destra. Fintantoché non si saprà compiere questo passo, arduo quanto imprescindibile, sarà impossibile aprioricamente la creazione di un fronte unitario del dissenso, o per dirla con le grammatiche di Antonio Gramsci, sarà impossibile una superiore sintesi che sappia unire e raccordare tutte le forze giunte, per una via o per un’altra, alla protesta contro il fanatismo dell’economia di mercato, quella che chiama ‘uguaglianza’ l’omologazione e ‘internazionalismo’ la globalizzazione della miseria dello sfruttamento.

Quand’anche siano in buona fede, la simbologia folklorica delle stelle rosse e le rotture del fronte nel nome dell’antifascismo finiscono per porsi come il più grande dono, a meno che io non sia ingenuamente ottimista, al partito unico neo-liberista. Il partito unico neo-liberista giubila infatti due volte: in primis, nel vedere l’irresponsabile frammentazione di quello che dovrebbe essere il partito del dissenso (già così lo qualificavo in ‘Pensare altrimenti’, il mio libro del 2017); in secondo luogo, il partito unico neo-liberista giubila nel trovare confermate tutte le proprie mappe concettuali, e dunque la propria egemonia anche presso il polo che dovrebbe respingerle, in particolare la mappa concettuale della dicotomia Destra-Sinistra e delle sue varianti. Non amo la categoria di ‘gatekeeper’, ho coniato invece la variante platonica di ‘cave-keeper’, i ‘reggitori della caverna’. E se tuttavia mi chiedessero di impiegare la categoria di gatekeeper e di segnalare chi, in concreto, risponda a questo profilo, non avrei davvero dubbi. E oggi un gatekeeper o ne assume i connotati in piena coscienza o meno, sul piano politico chi frammenta il fronte del dissenso, magari uscendo dall’unione con la scusa del ‘Fascismo interno di ritorno’, per citare Umberto Eco. Ed è ugualmente gatekeeper chi, anziché promuovere la sintesi delle forze del dissenso, impiega con zelo tutte le proprie energie e la propria pur gracile struttura teorica e cognitiva per vibrare senza tregua colpi e attacchi – magari su YouTube – contro altre forze dell’area del dissenso, e lo fa di fatto assumendo queste ultime come nemiche ancor più del partito unico liberista. Si tratta, per citare questa volta Lukács, della ‘distruzione della ragione’.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro