Sono pienamente consapevole delle atrocità che stanno accadendo in Ucraina, perché sono consapevole di quanto atroce sia una guerra. Non è in Ucraina che muoiono civili, compresi i bambini, che vengono stuprate donne, che vengono bombardate città: è in guerra che avviene tutto questo.
Non esiste la guerra buona e la guerra cattiva, la più o la meno cruenta. Esiste la guerra con tutte le sue atrocità.

L’Occidente, dal canto suo, non può fare la morale proprio a nessuno su quel genere di crimini, quindi è la guerra che dobbiamo tutti condannare; è alla guerra che dobbiamo tutti opporci; è la guerra che dobbiamo tutti contribuire a fermare. Ma per farlo non dobbiamo aspettare ogni volta che ne scoppi una per poi lasciar scegliere ai media se si tratta di un conflitto che deve interessarci oppure no, che deve indignarci oppure no, che deve vederci solidali con qualche bandierina da sventolare in piazza o da utilizzare sui social o se non ne vale la pena: come non ne è valsa la pena in Serbia, in Bosnia, in Afghanistan, in Iraq, in Libia, in Siria, in Yemen (giusto per citarne alcune), per non parlare dei vari conflitti regionali in Africa o in altri luoghi che hanno fatto un numero indicibile di morti.

No, non ho dimenticato la Palestina, ma mi sono reso conto, chiedendo in giro, che qualcuno la bandiera della Palestina la conosce. Qualcuno l’ha anche sventolata e utilizzata sui social, a differenza delle bandierine di tutti gli altri conflitti elencati.
Tutti gli altri conflitti che ho elencato ce li hanno raccontati in bianco e nero in qualche approfondimento notturno, dei quali ignoriamo infatti perfino i colori. Occhio non vede, cuore non duole. E noi abbiamo affidato ai media mainstream l’incarico di essere il nostro occhio sul mondo, quindi hanno il potere di imporre al nostro cuore per chi dolere, ma soprattutto quando farlo. Perciò noi continuiamo ad aspettare che muoiano altri bambini, che altre donne vengano stuprate, che altre città vengano rase al suolo.
Dopo che tutto ciò è accaduto, se a qualcuno interessa strumentalizzare il nostro dolore e la nostra rabbia, allora veniamo resi partecipi e invitati in ogni dove a condannare il responsabile. Responsabile che solitamente coincide con il nemico dei loro padroni.

Si sa che invece ad un amico si perdona ogni cosa, e tante cose i nostri media hanno perdonato in passato a chi quelle guerre le portava avanti.

Se vogliamo evitare che questa ipocrisia ci trovi di volta in volta impreparati travolgendoci e rendendoci complici (e non solo spettatori dei tragici eventi) allora dobbiamo capire dove hanno avuto origine certe guerre. Cui prodest?
Chi ci guadagna? Chi le finanzia? Chi si è reso in passato protagonista delle provocazioni che le avrebbe rese inevitabili?

Solo così potremo davvero condannare le guerra e far sì che non si verifichi nuovamente.
Se tutte queste domande sul conflitto in Ucraina ce le fossimo poste nel 2014 state sicuri che avremmo potuto fermare l’escalation del 2022, perché era scontata. Invece le telecamere erano spente, noi eravamo sereni che in quei posti stessero esportando democrazia con bandiere colorate; fino all’arrivo del mostro che ha sorpreso e ingurgitato tutti nel 2022.
Io non ci sto. Non ci sto più.

Tratto dal libro “Perché il conflitto è NATO”

La Matrix Europea, la verità dietro i giochi di potere – Con Francesco Amodeo