Fa ancora molto discutere l’intervista di Giuseppe Brindisi al Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov nel programma televisivo “Zona Bianca“, sulla rete Mediaset rete 4, in particolare oggi, in cui ricorre la giornata mondiale della libertà di stampa. Il Ministro ha usato parole che sono state considerate “scandalose e inadeguate“, affermando che “Zelenksy è ebreo. Anche Hitler aveva origini ebree“.

L’Onorevole Michele Anzaldi, ospite di “Lavori in Corso“, ha commentato così: “Tutti i giornali dicono che il fact checking è venuto a mancare e chi lo ha fatto dice cose che sono insensate. Sarebbe bello che chi è deputato a fare l’arbitro, come l’Ordine dei Giornalisti e Agcom, battesse un colpo perché, al di là del gravissimo incidente, è necessario mettere un punto sulla questione“.

Il membro della Commissione Vigilanza RAI è in netto contrasto con chi sostiene che una voce come quella del Ministro russo sia un colpo dell’emittente televisiva che ha intercettato un testimone privilegiato del conflitto e che gli utenti abbiano i giusti mezzi per giudicare le parole dell’intervistato.

Nell’occhio del ciclone anche il comportamento del conduttore Brindisi: avrebbe dovuto mettere dei paletti alle parole di Lavrov?

Non la pensa così un ex direttore di giornale come Paolo Mieli, che a “Quarta Repubblica” ha manifestato un dubbio di cui occorre discutere: esiste un giornalista che avrebbe rotto i patti con un intervistato di tale portata?
Sentite il commento di Anzaldi.

Dichiarazione su Hitler? Una bugia con effetti devastanti, fino a diventare propaganda. Non solo ha fatto danni in Italia, ma un popolo come quello di Israele, che era stato moderato su questa guerra aspra e lunga, ha chiamato l’Ambasciatore che ha fatto scendere in campo la nazione di Israele, che fino a questo momento era stata “timida”, negando alcune cose come le armi. È stato un accadimento molto grave.

Durante l’intervista è stato detto che l’Italia è in prima linea ed è tra i primi nemici, quando in realtà è un Paese che sta “raccogliendo” i bambini, che paga il gas il doppio del suo prezzo, un Governo di Centrosinistra ha votato per l’invio delle armi.

Un danno alla diplomazia russa da un russo stesso. Da un punto di visa giornalistico è impossibile non farlo intervenire, ma sicuramente è possibile porre dei limiti, non permettendo di fare un monologo”.

“Si torni alle regole del giornalismo”

Quella russo-ucraina è una guerra che Putin credeva di risolvere in pochi giorni, ma così non è stato. Quando ciò accade, da un punto di vista politico c’è il problema del consenso, che nasce quando la guerra non è lampo. Le figlie degli oligarchi, ad esempio, non sono più invitate e distruggono con le forbici le borse Chanel sui social, le squadre sportive sono escluse dalle competizioni, i beni sono confiscati.

Quando il consenso comincia a calare cosa fare?

Si inizia a fare la propaganda. La caratteristica di questa guerra è che nessuno conosce la verità e tutti attingono ai social. Grandi giornali, ad esempio, hanno preso foto e video in realtà relative ai videogiochi. Ci troviamo, dunque, in una situazione in cui o si ritorna alle leggi del giornalismo o si va a sbattere in fatti gravi come la guerra“.