Avere adottato un modello di istruzione tecnico, abbandonato la tradizione umanistica, prevalentemente forte nel nostro Paese, è stato funzionale al disegno neoliberista. I giovani devono studiare quanto serve per “trovare lavoro” a prescindere da quanto sia falso e illusorio tale assunto, prova lo sia il fatto che a dispetto di tale mantra neoliberista, ripetuto da decenni, la disoccupazione giovanile supera il 40%.
Il reale obiettivo è invece quello di creare una popolazione incapace del pensiero critico che viene incentivato dallo studio delle scienze umanistiche e della filosofia.

Credo che questo sia centrale per proseguire il cammino verso l’economia umanistica. Affronto qui il tema della connessione di un popolo depresso dal punto di vista culturale ed economico. Spero di poter parlare di economia dell’anima: l’economia umanistica ha un’anima. Questo ragionamento è stato tolto.
In tanti mi chiedono: “Consiglierebbe a mio figlio di iscriversi all’università, a economia?”. La mia risposta è no, o meglio, “dipende”. Non vorrei che fosse fatto l’insegnamento del tipo “Devi fare quello che serve per trovare lavoro”. Magari quella persona è portata per il pianoforte, la danza, l’imprenditoria, la filosofia. Io credo, al contrario dei miei colleghi, che la gente debba essere lasciata libera. Il paradosso del mercato neoliberista è che nega la libertà. La libertà è importante, nella libertà di studiare e cercare quel tipo di lavoro che ti fa essere felice.
Se noi togliamo l’analisi delle discipline umanistiche e in modo particolare della filosofia, noi ne diamo l’anima all’economia. Ecco perché in futuro voglio parlare di economia dell’anima.

MalvezziQuotidiani, comprendere lEconomia Umanistica con Valerio Malvezzi