Un’eredità pesante, a livello tattico e agonistico, ossia quella di Juric, il cui Verona è stato manifesto di concretezza, oltre che di una soglia di temperamento sempre elevata al massimo grado e di una organizzazione in grado di esaltare il rendimento dei singoli.

È cominciata con queste premesse l’avventura scaligera di Eusebio Di Francesco e, dopo due settimane, si percepisce il rischio che possa presto compromettersi. Sia contro il Sassuolo che contro l’Inter, il Verona ha attraversato fasi di calcio apprezzabile e propositivo, per quanto un po’ sprecone: questa però non è un’attenuante, tutt’altro. Rivela una fragilità strutturale, una sovraesposizione al cinismo degli avversari, indipendentemente dal loro livello, che comincia a diventare elemento ricorrente nelle squadre del tecnico abruzzese.

Ancora una volta, come nel caso della sua ultima Roma o del disastroso periodo sampdoriano, si ha la sensazione che l’identità delle squadre di Di Francesco sia minata in partenza da un’anima fragile.

Paolo Marcacci