Ha fatto ampiamente discutere, con posizioni peraltro assai spesso opposte, la proposta di Enrico Letta di introdurre la tassa di successione per poter così aiutare la vaga categoria dei giovani. Ora, come è noto, i giovani non sono una classe sociale e, quasi sempre, il richiamo ad essi svolge una funzione di pura distrazione di massa dalle questioni socioeconomiche.

A parte questo, la proposta di Letta, subito respinta dall’ex banchiere Goldman Sachs, Mario Draghi, è stata discussa per più ragioni. Anzitutto, per il periodo particolare, diciamo così, in cui è stata avanzata: nel bel mezzo di un’epidemia, in cui, come i dati giornalieri ci dicono, la tassa di successione suona nemmeno troppo obliquamente come inopportuna e fuori contesto… A renderla discussa e discutibile, naturalmente, è anche la sua stessa essenza: se, come si dice, la ratio della tassa di successione rinvia alla sacrosanta questione della giustizia sociale, allora perché poi non si fa nulla, in concreto, contro l’aristocrazia finanziaria e contro gli oligarchi del capitale borderless? Alludo ai colossi del web e dell’e-commerce, ad esempio: i quali, ad oggi, pagano il 3 % di tasse, quando va bene; e che proprio in questi giorni, a partire dagli USA, si propone di sottoporre a una aliquota unica del 15 %.

Insomma, come si può anche solo parlare di “giustizia sociale” al cospetto di questa clamorosa ingiustizia sociale, dai più accettata a cuor leggero, come se fosse naturale, fisiologica o comunque inemendabile? Insomma, stupisce che coloro i quali, come Letta, propongono di andare a imporre, peraltro in un momento particolare come l’epidemia, la tassa di successione, nulla dicano a proposito di una più equa tassazione dei colossi multinazionali del capitale.

Non deve nemmeno stupire, peraltro, il no secco di Mario Draghi, che in molti hanno erroneamente scambiato per un segnale positivo contro nuove tassazioni: il fatto che si sia detto di no alla tassa di successione non vuol dire che si sia detto di no alla tassazione in quanto tale; semplicemente, a mio giudizio, si è segnalato che si sono poste le condizioni per andare prossimamente a tassare universalmente anche i patrimoni sotto i 5 milioni di euro. Del resto, dovrà prima o poi – temo presto – arrivare quel momento: il tracollo economico del Paese è palese, il blocco dei licenziamenti dovrà presto finire e i dati parlano inequivocabilmente di un milione di nuovi poveri. Come credete che proveranno a fare fronte a tutto ciò? Non avete davvero inteso quale sarà la via regia che seguiranno? Semplice: sarà quella di andare a tassare non i patrimoni sopra i 5 milioni, ma tutti indistintamente.

RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro