I lati negativi e dannosi della didattica a distanza. La pandemia Covid-19, ormai da tempo, ha stravolto le abitudini di vita di tutti noi. La chiusura forzata degli istituti scolastici, nel periodo più duro in pieno lockdown, ha spostato l’attività di apprendimento dalle aule alle camere di casa.

Fin dal principio sono saltati fuori svariati problemi di ogni genere. Basti pensare alle criticità di connessione, soprattutto in alcune zone dello stivale. Senza dimenticare le difficoltà organizzative per moltissime famiglie, con genitori impegnati fuori sede per motivi di lavoro e la conseguente impossibilità di lasciare i propri figli a nonni o altre persone fidate.

Insomma, un autentico labirinto. In tal senso è intervenuto sulle nostre frequenze un ascoltatore che, dal suo punto di vista, ha descritto accuratamente la sua complessa situazione.

Queste le parole dell’ascoltatore in diretta

Io vorrei porre l’attenzione sulla didattica a distanza. Io ho un bambino di 6 anni che fa la prima elementare e una bambina che fa la quinta elementare. Io ho l’idea, dato che parliamo tanto del fatto che i bambini non devono stare più di 5-10 minuti con smartphone e videogiochi ed invece abbiamo costretto prime elementari a stare 2 ore davanti al computer, che questa Dad è stata organizzata dai nostri governanti credendo che tutti sono impiegati con gli uffici pubblici e fanno lo smartworking.

Io mi occupo della direzione commerciale di un’azienda. Mia moglie è un veterinario, vaccini non se ne vedevano, i bambini non potevano stare né con la suocera né con la baby sitter che doveva tutelare la madre di 90 anni con la quale vive. Noi abbiamo vissuto un incubo. Un bambino di 6 anni, che ha fatto la Dad in prima elementare, oggi si trova, dopo 8 ore di scuola con la mascherina in faccia, a tornare a casa e a fare 4 pagine di corsivo perché le maestre sono indietro con il programma

La riflessione in diretta del Prof. Enrico Michetti

Luigi dice una cosa correttissima perché è un’esperienza di vita. Io ho i ragazzi all’Università, ma immagino i bambini nello stato dell’infanzia o della prima adolescenza. Voi immaginate che un Professore, quando gli si para una classe di universitari dove c’è già una certa maturità, li deve guardare mentre spiega e vedere quelli che non riescono a parlare. Quelli che vorrebbero dire qualcosa, vorrebbero intervenire, ma non ce la fanno. Allora devi chiamare per nome, li devi leggere negli occhi e li devi far intervenire tu, li devi stimolare, li devi sbloccare tu.

Allora si crea un rapporto osmotico, un rapporto vero. Nel momento in cui irrori quei canali, nel momento in cui il flusso della conoscenza comincia a muoversi e comincia a prendere l’individuo, allora hai raggiunto l’obiettivo. Ma non sei in presenza come fai? Come fai a sbloccare le persone? Come fai a metterle in rete? Ma in rete umana. Quello che dice Luigi è tristemente vero purtroppo“.