Ci tocca iniziare questa settimana ancora con la questione delle riaperture, in un’Italia che è diventata più arancione e meno rossa. Noi siamo l’unico paese ad adottare a macchia di leopardo di questo tipo, perché in Francia hanno deciso di ritornare in lockdown serrato per 4 settimane, mentre in Inghilterra si uscirà definitivamente dalle chiusure soltanto dopo il 21 giugno. Per adesso, ad esempio, i pub e i ristoranti possono ospitare soltanto all’aperto e per gruppi inferiori alle 7 persone. Dunque non hanno affatto riaperto tutto, come pure in Israele sta avvenendo tutto molto gradualmente.

Da noi invece si grida alla riapertura dopo il 20 aprile. Io vorrei sapere quale è quel pazzo che non è riuscito ad analizzare bene i dati dei contagi, dei ricoveri e dei morti, per capire che non è il momento di riaprire e che non se ne potrà parlare necessariamente prima dell’inizio di maggio se non di giugno. Perché altrimenti faremo sempre lo stesso errore, la cui tipica esemplificazione è la Sardegna, che da bianca è diventata di nuovo rossa come io avevo chiaramente e anticipatamente previsto in maniera molto netta. Perché è chiaro che i tamponi erano stati pochi, è chiaro che erano stati sottaciuti i dati e che il virus non era affatto stato sconfitto.

La stessa cosa si può dire anche per l’Italia. Il virus circola ancora. Non c’è più una variante inglese, nel senso che è tutto inglese, dunque più contagioso di prima e in qualche misura di conseguenze più mortali. Noi invece stiamo qui a discutere se riapriamo: che cosa riapri? Non riapri proprio un bel niente, perché questo rischia di mettere in pericolo tutti quanti da capo. Questo significa dare spazio eventualmente ad altre varianti. Quando si vaccina in maniera massiccia lo si deve fare in maniera confinata, cioè durante un lockdown, non lo si può fare liberamente almeno fino a che non raggiungi quella agognata immunità di gregge vaccinale.

Immunità che noi però siamo ancora lontani dal vedere. Quindi quello che suggerisco è di farla finita con queste polemiche e di rassegnarsi al fatto che, per ora, non si riapre proprio un bel niente. Perché altrimenti di nuovo nella situazione di prima. Di nuovo troveremo persone che protestano perché si doveva riaprire e non lo si è fatto. Ma noi siamo specializzati nel riaprire quando non è ora, cioè troppo presto, e nel chiudere troppo tardi. Ecco la ragione per cui abbiamo più morti che altrove, più ricoveri e anche, alla fine, i contagi in maniera così massiccia. Portiamo pazienza un altro po’, che è la cosa migliore.

GeoMario, cose di questo mondo – Con Mario Tozzi