Sin da quando c’era da fare chiarezza sul caso AstraZeneca, l’ente di riferimento europeo per la sicurezza dei farmaci si è espresso con molti “ma”. Certo, alla fine ciò che si evince dalle discusse conferenze stampa dell’Ema è una perifrasi ricorrente: “Son più i benefici dei rischi, fate il vaccino” si diceva diverse settimane fa. 
Ora però il sospetto cade anche su Johnson&Johnson negli USA, senza contare le giravolte che si stanno facendo sul bugiardino di AstraZeneca, tra under 60 e over 60.
Cambi di passo, certo. Come è lecito che accada nella scienza: ma non mentre si fa una vaccinazione generalizzata.
Su questo intende fare chiarezza il Professor Giuseppe Di Bella in diretta, che suggerisce anche la soluzione all’incertezza.

Quale? Analisi per tutti coloro che vogliano fare il vaccino, così da scovare i soggetti predisposti a scenari più sgradevoli. Ancora una volta la soluzione è studiare bene il paziente, modulando caso per caso quale siano i rischi, e quali i benefici. Un approccio ben lontano dalla medicina applicata indiscriminatamente su popolazioni intere. Sentite cose ha detto in diretta il prof. Di Bella al direttore Ilario Di Giovambattista e Stefano Raucci.

Dato che gli eventi avversi non sono pochi, una parte di questi eventi avversi sono mortali, e sei nazioni hanno preso quest’iniziativa, c’è un motivo preciso.
Io ho guardato il rapporto trimestrale dell’ECDC americano (Centre for Disease Prevention and Control), sono dati ufficiali: questi dati ufficiali nell’arco di tre mesi riportano un numero di eventi avversi importanti, cioè 38mila. Di questi 38mila una parte importante, cioè 6200, sono stati particolarmente gravi. I decessi sono 1739.
Anche a livello europeo parliamo di migliaia di decessi nell’arco di tre mesi. Considerando Stati Uniti ed Europa probabilmente si sfiorano i 100mila casi di eventi avversi.
Il compito di un medico è quello di ridurre al massimo le sofferenze e la morte del paziente.

Occorre quindi iniziare a studiare con delle analisi se ci sono pazienti predisposti a questi eventi gravi, perché è inutile dire – come molti fanno – che sono poche migliaia di decessi, che non arrivano neanche a 10mila. Finché si tratta di una statistica fatta su un milione di persone va bene, ma se invece uno è interessato personalmente, la pensa diversamente.
Se uno dei 10mila è suo figlio o sua madre, allora cambia un certo tipo di orientamento. Teoricamente un vaccino non dovrebbe dare la morte, ma qua incominciamo a parlare di migliaia di casi.

Prima di fare una vaccinazione generalizzata e indiscriminata per tutti, incominciamo un po’ a studiare i soggetti a rischio, perché possono avere complicazioni di diverso genere: parliamo di cardiopatici, alterazioni pressorie. Poi soprattutto studiamo a fondo l’iter emocoagulativo di queste persone. Oggi ci sono delle analisi emocoagulative che sintetizzano un po’ gli elementi fondamentali della circolazione. Praticamente così io ho tutti gli elementi necessari per decidere consapevolmente. Queste analisi si fanno prima della vaccinazione. Se un soggetto, in base a una fragilità di ordine cardiovascolare, può avere un incremento di rischio, ovviamente bisogna prendere precauzioni.
Mi è arrivata la notizia di un certo numero di colleghi che per vari motivi sono obbligati a fare la vaccinazione, pena tutta una serie di ritorsioni, sono preoccupati e stanno facendo l’eparina, perché uno dei problemi è quello di queste coagulazioni: sono delle trombosi ed embolie a livello cerebrale o polmonare, e possono essere molto rapide come decessi.
Il medico deve ridurre al massimo il rischio: facciamo queste analisi
“.