La pandemia non molla sua morsa. Da un anno l’Italia è bersaglio di un virus che viene interpretato in modo diverso nelle diverse zone del mondo. Ci sono Paesi che sin dall’inizio hanno adottato una strategia blanda, fatta di minime ed essenziali protezioni. Chi invece, come noi, ha introdotto pesanti restrizioni, di cui gli effetti sono tutt’ora in discussione.

Alla luce dei dati infatti la nostra strategia non sembra aver pagato. Anzi, nei mesi passati diversi sono stati gli scandali orbitati attorno alla nostra sanità pubblica. Si poteva fare di più per contrastare l’emergenza? Quali gli errori commessi prima e durante la pandemia?

Un bilancio sulla condotta del sistema sanitario nazionale in questo anno di emergenza è stato espresso in diretta dall’avvocato Francesco Barucco (Sportello Legale Sanità), intervenuto in diretta con il professor Enrico Michetti e Ilario Di Giovambattista.

Questo il parere dell’Avv. Barucco.

“Per la sanità è sicuramente stato un anno molto complicato. Farei una distinzione dalla prima fase dell’emergenza, dove abbiamo visto un progredire delle patologie oncologiche, si sono triplicati i decessi per le malattie cardio vascolari, dove la tempistica e la velocità dell’intervento sono fondamentali. In questa seconda fase giustifico meno quello che è successo. Ci sono numerosissimi ascoltatori che ci chiamano perché hanno perso i loro cari a causa del covid. Sono entrati negli ospedali per problemi di diversi natura con tampone negativo, a distanza di 10-15 giorni le persone si sono infettate, poi se ne perdevano le tracce. È abbastanza difficile da capire perché una persona entra in ospedale in un reparto non covid, prende il covid e muore per quello. Di questi casi ne abbiamo diverse decine.

Ci sono delle strutture private, assolutamente virtuose, con le quali non abbiamo mai avuto casi di infezione. Mai avuto un sinistro. Ormai il pubblico è rischiosissimo, capisco che è difficile dirlo ma è così: la sanità pubblica italiana non è eccellente. Ne è prova che i medici del settore pubblico quando devono fare un intervento si organizzano in una struttura privata. I parti, gli interventi programmati: nessuno di loro li fa in una struttura pubblica. Non esiste.

Andrebbero attuati i protocolli che non vengono applicati. Ma poi andrebbe cambiata anche la mentalità. Perché uscire con un camice dalla terapie intensiva per andare in strada e poi rientrare in terapia intensiva, magari sono molto attenti con i parenti dei pazienti, ma loro escono a fumarsi una sigaretta in strada e poi rientrano in terapia intensiva. E’ chiaro che poi le infezioni corrono. Purtroppo tutte le infezioni non si possono prevenire, ma magari il 90%. E sono numeri importantissimi”.